Mostro di Firenze, la perizia choc: La prova che incastrò Pacciani fu manipolata
La prova che incastrò Pietro Pacciani fu artefatta. Sono le conclusioni della perizia firmata dal consulente balistico della procura di Firenze, Paride Minervini, a margine della archiviazione della nuova inchiesta sui delitti del mostro di Firenze a carico di Giampiero Vigilanti, 89 anni, e del medico Francesco Caccamo, 88.
La perizia
Secondo il tecnico i segni sulla pallottola trovata nell’orto di Pietro Pacciani, nell'ispezione dell’aprile del 1992 non sarebbero stati impressi dall’inserimento di quel bossolo nella camera della pistola ‘Pietro Beretta' adoperata dal mostro di Firenze, ma sarebbero prodotti in altro modo. Quei segni erano l'unico collegamento alla famigerata calibro 22 che armava la mano del serial killer, l'unico elemento che collegava su basi solide Pacciani alla vicenda. Tutto il resto, infatti, era mero indizio.
Archiviata l'ultima inchiesta
Se quelle striature siano il risultato di una manipolazione consapevole o di semplice imperizia da parte di chi maneggiò le prove sarà oggetto di un accertamento ‘separato', almeno è quello che scrive il procuratore aggiunto Luca Turco infatti nella richiesta di archiviazione: "Non occorre in questa sede soffermarsi su problematiche emergenti dalla consulenza balistica non involgenti la posizione degli attuali indagati, problematiche che meritano di essere separatamente esaminate".
Il proiettile non resse neanche al processo: Pacciani fu assolto
L'ipotesi che si tratti di un elemento costruito ad arte per rendere più solida l'ipotesi accusatoria contro Pacciani, all'epoca indagato su basi puramente indiziarie, fa da sfondo a questa recente scoperta. Quella prova, che doveva reggere l'intero castello accusatorio contro il contadino di San Casciano, si rivelò, infatti, insufficiente e non impedì l'assoluzione in appello di Pietro Pacciani, che morì, di fatto, da innocente. Il nuovo processo che avrebbe dovuto essere imbastito, dopo il no della Cassazione, infatti, non fu celebrato per l'improvvisa morte, per cause naturali, dell'imputato.
La lettera: "Prove false contro Pacciani"
La perquisizione del 1992 fu preceduta da una lettera indirizzata alla Nazione, il 16 novembre 1991 e stilata da un anonimo autore che annunciava il ritrovamento, nel terreno di Pacciani di prove messe lì ‘a bella posta' per incastrarlo. La lettera, riemersa nel 2018 grazie al documentarista Paolo Cochi, esperto del caso del Mostro, che ne accertò la datazione, parlava anche della detenzione del Pacciani, a dire dell'autore pretestuosa. All'epoca Pacciani era in carcere per una condanna per detenzione di armi, che secondo l'estensore della lettera erano semplici cimeli di guerra che molti conservavano in casa. L'anonimo ipotizzò che fosse trattenuto apposta perché altri avessero il tempo di interrare le prove nel suo giardino. Una lettera che Paolo Cochi, alla luce della scoperta di oggi, commenta così, al telefono con Fanpage.it:
La lettera che precede la perquisizione è genuina, io la rinvenni nel fascicolo dell'avvocato di Pacciani, Fioravanti. La lettera parlava di pistola e non di proiettile, però azzeccava quasi tutto. Era qualcuno che sapeva molte cose perché nella lettera stessa c'è anche il riferimento al fazzoletto (ritrovato sulla scena del delitti degli Scopeti) su cui assicurava che non ci fosse il DNA di Pacciani. E infatti non c'era. Un anonimo premonitore. Personalmente ho sempre creduto che Pacciani non c'entrasse niente e che il mostro di Firenze fosse una persona che ha iniziato nel '68 e non è andato oltre perché c'era una testimone, il bambino (Natalino Mele, 5 anni). Con gli anni si è evoluto facendo dei disegni e nel '81, le escissioni. Questo è anche il profilo che ha tracciato sia l'FBI sia il professor Bruno. All'epoca tale soggetto era molto giovane, è difficile immaginare che fosse un contadino. Era un po' più acculturato. Ne è prova, per esempio, il fatto che mandò quel lembo di seno dal corpo della vittima in procura, scegliendo una sezione di pelle che non si putrefaceva, avvolgendola nel cellophane. Ha ragionato. Oggi può essere morto, può aver avuto un infarto e non sapremo mai chi era. Se confermato che il proiettile è stato artefatto sarebbe una cosa clamorosa, la prova di quanto era sospettato già all'epoca. La sentenza di assoluzione di Pacciani aveva già allora dei dubbi forti sulla genuinità della prova. Io l'ho sempre detto.