Morto Popeye, il sicario di Pablo Escobar. Parla l’avvocato custode dei suoi segreti
Nella sua lunga carriera di sicario per Pablo Escobar, Popeye ha ordinato la morte di almeno tremila persone. Di 300 se ne è occupato personalmente, per lo più sparando alla testa. "Bisogna puntare sopra gli occhi", diceva. La morte era il suo mestiere, lo è stato anche una volta uscito dal carcere, dopo 23 anni trascorsi in diversi penitenziari di massima sicurezza. Il racconto delle sue imprese criminali erano diventate un business, da spregevole sicario si era trasformato in testimone di un’epoca, quasi un personaggio di costume che raccontava in tv come e quanta gente aveva “matato” per conto del patròn Escobar. Popeye parlava tanto, parlava troppo per qualcuno.
Lui, che ha fatto strage di “chiacchieroni”, è stato ucciso da un cancro all’esofago che nell’ultima parte gli ha impedito di comunicare. Lui, che aveva un milione di follower sui canali social e che per un’altra consistente parte dei suoi connazionali era considerato “un cancro della Colombia”, è stato ucciso da un cancro che si è allargato a polmoni, fegato e altri organi.
"Escobar gli diede quel soprannome per Braccio di Ferro"
Il suo vero nome era John Jairco Velasquez, se n’è andato a 58 anni nell’ospedale dell’Instituto Nacional Penitenciario y Carcelario di Bogotà, dove era ricoverato dal 31 dicembre scorso.
È morto nel carcere fondato da Cesar Gaviria, uno degli storici nemici di Escobar, che descriveva così: "Pablo Escobar Gaviria è un assassino, un terrorista, un narcotrafficante, un sequestratore ed un autore di estorsioni, ma era mio amico".
"Era stato Escobar a dargli quel soprannome, Popeye, perché Velasquez aveva fatto l’accademia della marina militare. Di fatto era un marinaio come Braccio di ferro". L’avvocato Alexandro Maria Tirelli non è un appassionato della storia di Popeye, è stato suo amico per anni.
"Ci siamo conosciuti quando vivevo a Medellin da ragazzo, sono diventato amico di tutta la famiglia Escobar, ho conosciuto bene anche Pablo ma non posso spiegarti tutti i dettagli dei nostri incontri. Con gli Escobar ho un rapporto quasi di parentela. Per darvi la misura della fiducia che hanno avuto e continuano ad avere nei miei confronti, basti pensare che la mia attuale compagna – Claudia Escarraga K’David – è stata per 14 anni la moglie di Roberto, il fratello di Pablo, da cui ha avuto tre figli. Li ho praticamente cresciuti, ora sono il loro padrino».
"Mi ha salvato essere di Castellammare di Stabia"
Ricominciamo. L’avvocato Tirelli nasce a Napoli il 30 luglio 1970, trascorre la giovinezza a Castellammare di Stabia e negli anni del liceo si trasferisce in Sudamerica.
"Ho seguito i miei genitori nei loro spostamenti di lavoro, sulla cronologia dovrò restare vago ma posso dire di aver vissuto tra Brasile, Venezuela e Colombia. Qui ho conosciuto Paulo, uno dei nipoti di Escobar che all’inizio pensavo fosse un ragazzo qualunque. Poi un giorno mi ha portato in un mega ranch e ho capito che non era un omonimo. E non era cosa da poco visto che in quegli anni c’era la guerra tra i cartelli della droga. Una guerra vera, con migliaia di morti".
Come è stato il primo incontro?
"Mi ha aiutato essere di Castellammare".
In che senso?
"I fratelli Escobar erano grandi cultori della vita di Al Capone, i cui genitori erano proprio di Castellammare. Quando gliel’ho detto sono impazziti. Io non credevo conoscessero quel posto. Avete presente la loro famosa Hacienda Napoles? Mi aveva raccontato di averla chiamata così in onore delle origini di Al Capone, per lui non c’era differenza tra Castellammare e Napoli. Tutti gli Escobar, tranne Pablo, sono venuti per un periodo in Italia, molti li ho ospitati a casa mia. Negli anni Novanta uno dei loro punti di ritrovo era uno squallido bar vicino all’università Federico II di Napoli, nella zona del borgo orefici".
Tirelli entra da amico e diventa parente conoscendo Claudia, all’epoca sposa di Roberto Escobar
"Claudia era stata una finalista di miss Colombia ed era stata invitata alla Catedral, il carcere costruito da Pablo in cui lui e gli altri compagni vivevano una detenzione dorata. Con Roberto si sono conosciuti in galera ed è diventata la sua donna".
Una relazione segnata da violenze di ogni tipo, come la Escarraga K'David racconta nel libro “Regina e prigioniera. La mia vita con gli Escobar”
"A un certo punto il rapporto è terminato, noi abbiamo iniziato a frequentarci e non nascondo che avevo un po’ di paura. Ma Roberto mi voleva bene, ha acconsentito alla nostra relazione e mi ha affidato i loro figli. Mi manda sempre gli auguri di compleanno con un video. Una volta me li ha inviati dall’Hacienda Napoles con un attore che impersonava Pablo che diceva “non sono morto, ero solo andato a fare festa”.
La scalata criminale di Popeye
È stato in quegli anni che ha conosciuto anche Popeye, fedelissimo del Patron e amico di Claudia
"Popeye è stato uno spietato assassino, è vero, ma successivamente è riuscito a crearsi questo personaggio mitico perché non aveva contraddittorio. In realtà non era il braccio destro di Escob
ar, era uno come potevano essercene venti. Sicuramente aveva un rapporto stretto, una amicizia relativa, però i veri nomi del cerchio magico erano altri. Era considerato un po’ uno sbruffone, in verità era una persona di una spiccata intelligenza anche se non traspare nelle sue uscite pubbliche. Si è creato un personaggio da ‘gangstar', che non corrispondeva minimamente a lui. Aveva anche una certa cultura ma fu affascinato da Escobar. Mi ha raccontato tutta la sua scalata criminale".
A questo punto è meglio spiegare chi è Tirelli. Si è occupato di desaparecidos argentini, ha partecipato al processo Noriega, è stato nominato direttamente da Hugo Chavez come consulente sui diritti dell’uomo e dello stato di rifugiato politico nell’ambito dell’analisi politica della narcoguerriglia delle FARC, tra i suoi clienti ci sono alcuni dei maggiori boss del narcotraffico (tra cui Pasquale Claudio Locatelli e Jaime Reynaldo Oyervides, membro del sanguinario cartello della droga dei Los Zetas e referente in Sudamerica di mafia e camorra) e protagonisti di scandali internazionali (tra cui l’imprenditore Sami Spath e Miguel Nule Amin).
Ma torniamo a Popeye
"Mi disse che aveva iniziato facendo l’autista di una delle fidanzate di Pablo che poi gli chiese di uccidere una persona. Mi confessò di non aver provato alcuna emozione: ‘Quello mi fece capire che ero un killer'. Mi raccontò che la selezione dei sicari partiva proprio dal primo omicidio. Da lì divenne un fedelissimo. Durante la latitanza di Pablo lo accompagnava tra le tante ville e gli portava le ragazze per fare sesso. Quando el patròn aveva finito, Popeye le riportava a casa ma lungo la strada, per evitare che potessero riferire qualcosa alla polizia, le ammazzava. Mi spiegò la modalità: fingeva un guasto all’auto, chiedeva alla ragazza di scendere per controllare e quando lei infilava la testa nel cofano per controllare le sparava da dietro. Non se ne accorgevano. Dopo qualche giorno inviavano 5-10mila dollari alla famiglia come risarcimento'.
Difficile provare pietà per un uomo così
"La sua figura va ridimensionata, eseguiva ordini in un momento storico assurdo, in cui il valore della vita era davvero ridicolo. In Colombia, di fatto, c’era una guerra civile. Una volta mi disse: ‘Cuando tienes que matar a alguien, solo tienes que hacerlo', ‘quando bisogna uccidere qualcuno, bisogna farlo e basta'”.
E non ha mai avuto paura di lui?
"Eravamo amici, con me era un’altra cosa. Però una volta ci ho discusso animatamente. Solo dopo un po’ ho pensato che forse non era s
tata una buona idea litigare con un tipo così. Ci siamo visti l’ultima volta nel 2017, quando sono tornato a Medellin, poi ci siamo sentiti via WhatsApp. Mi spiace sia morto, che Popeye riposi in pace e che venga accolto dal perdono del Niño de Atocha".
Era devoto?
"Tutta la famiglia Escobar lo è, la madre di Pablo ha iniziato la tradizione. Tutti i componenti hanno un santino del Niño, anche io. Saremo in 20 ad averlo uguale. Una volta Pablo pagò gli studi all’Accademia delle Belle Arti di Firenze a un mendicante che conosceva sua madre ma gli impose un’unica condizione: che facesse opere con el Niño de Atocha".
"Quando uccise la sua fidanzata per accontentare Pablo"
Sembra una puntata di Narcos.
"Mi rendo conto ma è tutto vero. Conosco centinaia di episodi ma molti non posso raccontarli, altri sono noti solo alle cronache giudiziarie. Ve ne concedo uno che rende bene l’idea della fedeltà di Popeye. Pablo aveva una fidanzata che si chiamava Wendy, una miss colombiana bellissima. Per un periodo divenne una sorta di seconda moglie. Poi si lasciarono e lei si fidanzò proprio con Popeye, una situazione strana come quella successa a me e Claudia, ma anche in questo caso Pablo la accettò. Durante la sua latitanza gli agenti capiscono che Wendy può essere un buon cavallo di Troia per le microspie, però Pablo aveva molte talpe nella polizia e lo scopre. A quel punto non ha pietà, chiama Popeye e gli dice di ucciderla. Popeye mi raccontò che le diede appuntamento in un bel bar, le passò accanto e le sparò in testa. Chiusa. Mi disse che era stato il momento più tragico della sua vita. Era davvero innamorato di Wendy ma sulla bilancia vinceva sempre Pablo".
Nelle foto mostrate in esclusiva a Fanpage.it, il terribile sicario sembra solo un vecchio amico di Tirelli, sorridono e chiacchierano nella sua casa in Campania.
"Ho conosciuto personaggi molto negativi in Sudamerica come Popeye e quasi tutti, visti da vicino, non sembravano così cattivi. I fratelli Escobar, per esempio, non erano ossessionati dal narcotraffico. I veri
narcotrafficanti erano i fratelli Ochoa, Pablo (che una volta mi inviò una lettera firmando con la propria impronta digitale) era un broker di altissimo livello ma in fondo voleva diventare un politico".
E ce la fece, nel 1982 venne eletto alla camera dei rappresentanti…
"E anche su questo Popeye mi ha raccontato un aneddoto meraviglioso. Pablo va il primo giorno al Parlamento accompagnato da lui, Mugre (Luis Carlos Aguilar, ndr) e Pinina (John Jairo Arias Tascón, ndr), si presenta sullo scalone e gli agenti di guardia gli dicono che non può entrare perché non ha la cravatta. Protesta assieme ai suoi uomini e alla fine la risolve proprio Popeye: si toglie la propria orrenda cravatta multicolor e la mette a Pablo. Che entra in aula con una giacca beige e quel pezzo di stoffa al collo. Ne era molto fiero".