Morto il boss Bernardo Provenzano, aveva 83 anni
È morto il boss Bernardo Provenzano. Ottantatre anni, malato da tempo (gli era stato diagnosticato un cancro alla vescica), indicato come il capo di Cosa nostra, venne arrestato dopo una latitanza di 43 anni l'11 aprile del 2006 in una masseria di Corleone, a poca distanza dall'abitazione dei suoi familiari. Per 10 anni, il boss è stato detenuto nel carcere di Parma, in regime di 41 bis. È morto all'ospedale San Paolo di Milano dopo un breve ricovero dovuto all'aggravarsi delle sue condizioni di salute.
L’ascesa di Provenzano ai vertici di Cosa Nostra è legata alla cosiddetta seconda guerra di mafia, condotta con l’aiuto di Totò Riina e di altri personaggi della malavita corleonese. La sua latitanza comincia alla fine degli anni 70 e non gli impedì di guidare il processo di consolidamento dell’egemonia corleonese su Cosa Nostra, che si concretizzò nei primi anni 90 con il “cambio di strategia” e con l’attacco diretto alle istituzioni. Il suo ruolo è al centro delle ricostruzioni degli inquirenti che indagano sulla cosiddetta trattativa Stato – Mafia, che lo vide protagonista come mediatore fra le opposte fazioni interne a Cosa Nostra.
Anche le operazioni per cercare di rintracciarlo e porre fine alla sua latitanza sono da tempo oggetto di inchieste e indagini: si ricordi solo l’operazione della DDA di Palermo nel 2005, con l’arresto di 46 persone accusate di aver favorito la latitanza di Provenzano.
Come ricostruito poi al momento del suo arresto, avvenuto nell’aprile del 2006, Provenzano avrebbe infatti continuato a gestire gli affari di Cosa Nostra con l’ausilio dei pizzini, ovvero dei biglietti con ordini e informazioni che gli consentivano di comunicare con la sua famiglia e con i suoi fedelissimi.
Provenzano doveva scontare diverse condanne all’ergastolo per una serie di delitti di stampo mafioso: tra questi, gli omicidi di Piersanti Mattarella, Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Cesare Terranova. Il boss era stato condannato anche per le stragi di Capaci e di via D’Amelio, nonché per gli attentati di Firenze, Milano e Roma del 1993.