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Centro di Permanenza e Rimpatrio di Torino

Morto al Centro Rimpatri, detenuto malato a Fanpage: “Un inferno, appeso a una corda per defecare”

J.N., un detenuto di 29 anni del Centro di Permanenza e Rimpatrio di Torino, ha contattato Fanpage.it raccontando il suo calvario nella struttura. Ha infatti subito interventi chirurgici al femore e all’omero e una ricanalizzazione dell’intestino, necessita di terapie urgenti ma non riesce neppure a farsi soccorrere da un’ambulanza: “Faccio fatica anche ad andare in bagno. Devono legarmi a una corda”.
A cura di Davide Falcioni
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"Vi racconto la mia storia, ma vi prego  non scrivete il mio nome altrimenti mi picchiano". Sono le parole di J.N., ventinovenne tunisino detenuto nel CPR di Torino ma residente in provincia di Piacenza e destinatario di un ordine di rimpatrio. “Da settembre 2018 fino al febbraio 2019 ho avuto gravi problemi di salute, poi sono stato sottoposto a un'operazione per la ricanalizzazione dell'intestino. Faccio fatica anche ad andare in bagno, se mi fate visitare da un dottore vi spiegherà la mia situazione e quanto sia grave”, ci dice.

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Il giovane è in attesa di essere espulso dall'Italia ma le sue condizioni di salute sembrerebbero incompatibili con la permanenza in un luogo di detenzione come un Centro di Permanenza e Rimpatrio, da cui uscire è impossibile: neanche le continue richieste di aiuto fatte al 118 sono servite, e ogni giorno J.N. è costretto a convivere con dolori lancinanti e un senso di abbandono frustrante. Nessuna ambulanza è infatti intervenuta per soccorrerlo: "Quando vado in infermeria mi danno solo Tachipirina. Per qualsiasi problema di salute esiste solo la Tachipirina, ma io devo seguire altre terapie". Poi spiega: “Il mio permesso di soggiorno è stato bloccato nel 2011. Ora sono nel CPR, ma ho sempre vissuto in Italia con i miei genitori, fratelli e zii. Ho studiato qui e ho anche ricevuto una proposta di lavoro il 13 giugno presso un'azienda metalmeccanica piacentina. Nonostante questo vogliono rimpatriarmi”. Il 29enne, come se non bastasse, dopo un recente incidente stradale ha riportato la frattura di omero e femore e necessiterebbe di sottoporsi alla fisioterapia. Le sue condizioni fisiche, quindi, non appaiono compatibili con la detenzione in un CPR.

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È Emanuele Ficara, legale di J.N. e membro dell'Associazione Strali di Torino, a spiegare nel dettaglio le condizioni del giovane tunisino: "È detenuto nel CPR di Torino dalla fine di aprile. Ha piccoli precedenti penali risalenti a molti anni fa e per questo, come spesso accade, non gli è stato rinnovato il permesso di soggiorno in Italia diventando di fatto irregolare. Le sue condizioni di salute sono però assolutamente incompatibili con la detenzione e per questo abbiamo presentato un'istanza per il suo rilascio: dopo un incidente e la relativa frattura di omero e femore gli è stato asportato un tratto di intestino, ha necessità urgente di sottoporsi a una riabilitazione e deve rispettare una dieta ferrea. Non può nemmeno andare al gabinetto: nella struttura ci sono bagni alla turca e per espletare i suoi bisogni, a causa dei suoi problemi fisici, è costretto a legarsi alla vita con una corda. Insomma, come si può lasciare una persona in precarie condizioni di salute in questo stato"? All'ingresso nel CPR di Torino anche J.N., come tutti gli altri detenuti, è stato sottoposto a una visita medica che l'ha ritenuto idoneo alla permanenza nel centro. Ma come può esserlo una persona che necessita di urgenti terapie fisiche? E secondo quali criteri è stato ritenuto compatibile con la detenzione?

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