Massimiliano Gabrielli, oggi, ci ha fottuti di nuovo. Lo ha fatto però per l’ultima volta, ma in grande stile, come solo lui avrebbe saputo.
“Ciao merde! Stanotte vi ho mandato tutti a fanculo e me ne sono andato in un mondo di cui non posso dirvi niente! Continuate a fare i cazzoni come se non ci fosse un domani, io me la godo! Ci rivediamo! Bella pe tutti”, è il messaggio apparso sul suo profilo facebook, scritto dalla sorella.
Dopo Kurt Cobain, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison ed Amy Winehouse… Anche lui ci ha lasciati a 27 anni, come ogni rock-star che si rispetti. E lo ha fatto andando in culo a tutti, appunto, anche a quella stronza della SMA che non è mai riuscita ad ingabbiare la sua testa.
Molti di voi avranno letto qualche sua battuta sulla pagina facebook “Dark 5.0”, nota per utilizzare un umorismo nero, dissacrante, talvolta blasfemo. Massy Diablo, questo era il suo nickname, aveva fatto della sua malattia una testa d’ariete per abbattere l’ipocrisia e il perbenismo che troppo spesso viaggiano di pari passo con la disabilità. A costo di disturbare o risultare scomodo, eccessivo.
Un libero bastardo, o un bastardo libero, come preferite. Uno che avrebbe investito con la sua carrozzina a motore chiunque fosse stato portatore (in)sano di sguardi pietistici nei suoi confronti. Giustamente. Perché Massimiliano era sarcastico, cinico, pungente, sfrontato: aveva tutti gli ingredienti al posto giusto per un anticonformismo che non era mai troppo vicino al limite. Quale limite, poi?
D’altra parte la carità è il sentimento più deleterio che ci possa essere laddove la normalità deve essere una conquista. Ancora oggi. In una società che non ci pensa un attimo a dare una carezza di conforto (il più delle volte non richiesto, senza neppure sapere chi si ha davanti), c’è fin troppo bisogno di unghie che accarezzino l’ardesia della lavagna della vita, per farci stridere i denti e dare una svegliata a tutti quanti. Fastidiosa, ma dispettosamente necessaria.
E l’insegnamento che Massy lascia è chiaro e tangibile in quelle reaction che ridono (più di 90) al post sulla sua morte. Sì, "morte", e non "scomparsa", perché aver paura di chiamare le cose col loro nome è una gran puttanata, e mi avrebbe dato ragione. E perché così avrebbe voluto che fosse, senza mezzi termini, in un contrasto agrodolce. Risate e morte. Da morir dal ridere. Un grande bordello, insomma.
Lui stesso ha espresso la propria autoironia partorendo frasi geniali come "Oggi ho scritto la letterina a Babbo Natale. Non è vero, sono handicappato non riesco a scrivere", oppure "Oggi mi sono fatto il vaccino quindi se divento handicappato sapete il perché. Ah giusto, sono già handicappato", o ancora "Dio esiste! Sono stato miracolato dalla SMA! Finalmente posso muovermi!… Ah no era il terremoto…", e infine visto il periodo "Quell'emozione che ti toglie il respiro quando accendi l'albero di Natale, e ti accorgi solo dopo che hai attaccato il respiratore all'intermittenza".
Perché quando si capisce che in questo mondo è molto più facile ridere di noi stessi, imparando a galleggiare piuttosto che annegare nella merda, automaticamente si acquisisce un potere che comporta grandi responsabilità, come disse qualcuno. E gli effetti sono ben chiari nei messaggi di chi lo saluta, nel suo stile.
“Eri il killer di Berlino, chi lo avrebbe mai detto. 1000 km in tre giorni con quella cazzo de carrozzina”.
“Ragazze, io direi non versare lacrime ma solo squirtate per Massy”.
“Solo un grande come te poteva salutate il mondo dandoci delle merde! tanta stima fratello”.
“Non sento porconi nell'aria, quindi ora sappiamo che non ci sono barriere architettoniche dove sei andato”.
“Quindi era lui l'attentatore di Berlino?”
“Fanculo Massimiliano, non si fanno sti scherzi di merda. Muori male. Ah, già”.
“Ahò, facce sape' ‘n do' sei finito, così capimo se er Padreterno è permaloso, che in caso se damo ‘na regolata… forse… Ce se becca più avanti! Ciao, caro!”
Ecco qui. Massimiliano Gabrielli sgomma via lasciando una scia di bestemmie, imprecazioni e grasse risate. Anche qualche invidia, diciamolo, di chi della vita non ci ha capito ancora un cazzo mentre lui, a 27 anni, è andato in tasca a tutti, a modo suo. E in fin dei conti il rispetto si misura anche da questo, nel rispettare gli altri nella misura in cui, intelligentemente, si insegna agli altri a rispettare noi stessi. Ma Massy ha insegnato anche la dignità nella malattia e la forza nel dolore, come ha scritto qualcun altro, a suon di sorrisi. Quelli che picchiano forte come un cazzotto buono. Scherzoso. Anche se stavolta, accidenti a lui, gli è riuscito proprio bene!