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Omicidio Giulio Regeni

Morte Regeni, l’ex ambasciatore italiano al Cairo: “In obitorio vidi segni di torture sul suo corpo”

Il racconto di Maurizio Massari, sentito come testimone nel processo davanti alla Corte d’Assise di Roma a carico di quattro 007 egiziani per la morte di Giulio Regeni: “Erano evidenti segni di torture, dei colpi ricevuti su tutto il corpo con ematomi e segni di fratture e tagli”.
A cura di Ida Artiaco
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Giulio Regeni
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"Mi recai personalmente nell'obitorio dove era tenuto il corpo di Giulio. Erano evidenti segni di torture, dei colpi ricevuti su tutto il corpo con ematomi e segni di fratture e tagli". Comincia il drammatico racconto dell'ex ambasciatore italiano al Cairo, Maurizio Massari, che oggi è stato sentito come testimone nel processo davanti alla Corte d'Assise di Roma a carico di quattro 007 egiziani per la morte di Giulio Regeni.

Nel corso dell'audizione Massari, attualmente ambasciatore Italiano presso le Nazioni Unite e al Cairo fino all'aprile del 2016, ha ricostruito i giorni della sparizione del ricercatore italiano, a gennaio 2016, e del ritrovamento del suo cadavere, rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco.

"La prima volta che mi venne fatto il nome di Regeni fu la notte del 25 gennaio del 2016 – ha raccontato il diplomatico -. Ricordo di avere ricevuto intorno alle 23.30 una telefonata di un professore italiano (Gennaro Gervasio, ndr) che mi disse di non avere più notizie di lui da alcune ore e che non si era presentato ad un appuntamento che avevano quella sera e il cellulare risultava spento. Immediatamente avvisai il capocentro dell'Aise in ambasciata che si attivò con i suoi contatti alle quali, però, non risultava alcuna notizia su Regeni".

Massari ha spiegato che "il 25 gennaio era una giornata particolare: c'era molta polizia, c'erano state perquisizioni. Dalle ambasciate mandavamo avvisi agli italiani di evitare zone pericolose, assembramenti. Giulio pero' non lo ha ricevuto, non era registrato, non c'era nessun obbligo. Dopo la chiamata del professore immediatamente avvisai il capo centro dell'Aise. Chiesi un incontro al ministero degli Interni egiziano. Le preoccupazioni erano crescenti, dalle autorità egiziane non ci arrivavano informazioni. Quando siamo tornati a chiedere un incontro, ricordo intorno al 30-31 gennaio, il suo capo di gabinetto finalmente mi disse che il ministro mi avrebbe incontrato presto".

Il 2 febbraio, infatti, dopo che la notizia della sparizione di Regeni era diventata ufficiale, l'ambasciatore venne ricevuto dal ministro degli Interni egiziano. "Non avemmo alcuna notizia sulle sorti di Giulio ma il ministro fece dei riferimenti alle videocamere della metropolitana del Cairo dalle quali non risultava alcun passaggio di Giulio la sera del 25 gennaio". La notizia del ritrovamento del corpo gli fu comunicata il giorno successivo dal viceministro degli esteri egiziano. "Ricordo poi che ho ricevuto alcuni messaggi dalla tutor di Regeni presso l'università americana al Cairo. Fu lei a dirimi dove si trovava il corpo, mi consigliò di recarmi lì e di insistere affinché l'autopsia non venisse effettuata in Egitto", ha concluso.

"Abbiamo cominciato a ricostruire il contesto del regime egiziano nei giorni in cui Giulio è stato sequestrato, torturato ed ucciso. Grazie alla testimonianza dell'ambasciatore Massari abbiamo ricostruito il periodo tragico dal 25 gennaio del 2016, giorno della sua scomparsa, fino al ritrovamento del corpo ed ai depistaggi successivi. È stato molto faticoso e doloroso stare in questa aula e ascoltare quelle parole. I genitori di Giulio sono usciti dall'aula perché non volevo che sentissero la descrizione del corpo di Giulio", ha detto l'avvocato Alessandra Ballerini, legale di parte civile di Claudio Regeni e Paola Deffendi, genitori di Giulio Regeni, a margine dell'udienza.

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