Morto per una fucilata alla nuca, madre chiede riapertura indagini: “Nazzareno non si è suicidato”
Il 22 ottobre 2018 il corpo senza vita di Nazzareno Corsetti, 22 anni, viene rinvenuto in una campagna di Balsorano, provincia de L'Aquila, in Abruzzo. Accanto ha due birre, una ancora chiusa, e, a oltre due metri, il suo fucile. Causa della morte: un proiettile che gli ha attraversato il cranio, traiettoria quasi verticale, foro di entrata dietro l'orecchio destro, quello di uscita nella parete temporale sinistra. Le indagini si chiudono subito dopo: "verosimile suicidio da arma da fuoco".
Storia strana, quella di questo ragazzone abruzzese che, di punto in bianco, avrebbe deciso di farla finita, sarebbe uscito di casa col suo fucile, a piedi e senza fodero e si sarebbe ammazzato puntandosi il fucile non alla bocca, non al mento, ma alla nuca. Niente autopsia, luoghi del delitto contaminati, nessun accertamento sull'arma.
I genitori, Anna Lancia e Tonino Corsetti, hanno voluto raccontare la vicenda a Fanpage.it. Al suicidio non hanno mai creduto. Pensano ad un incidente di caccia e ipotizzano che a sparare possa essere stata un'altra persona. Nel 2018 le indagini finirono in archiviazione, il gip accolse la richiesta del pm che così recitava: «essendo rimasto ignoto l'autore del reato ed apparendo, allo stato, non utile la prosecuzione delle indagini».
Negli anni i genitori hanno chiesto e ottenuto di riaprire il caso, assistiti dall'avvocato Emilio Bafile, sulla base di una consulenza balistica che esclude il gesto volontario, ma il Tribunale ha disposto nuovamente l'archiviazione nel novembre 2021, con una motivazione che suona grosso modo così: anche se Nazzareno fosse stato ammazzato, o se fosse vittima di un incidente di caccia che coinvolge un'altra persona, se pure facessimo altre indagini non potremmo stabilire chi è stato. Si legge nell'atto:
pur se potesse accertarsi che la morte di Corsetti Nazzareno fosse stata determinata non da un gesto volontario del giovane, bensì a seguito dell’esplosione del colpo di fucile ad opera di una terza persona presente sui luoghi, appare, allo stato, impossibile ricostruire con certezza le modalità dell’accaduto, al quale non hanno assistito terze persone, e rispetto al quale non paiono sussistere elementi idonei all’identificazione di eventuali responsabili.
La morte di Nazzareno Corsetti a Balsorano
Le ultime ore di Nazzareno vengono ricostruite grazie alle testimonianze di amici e conoscenti, ascoltati dagli inquirenti. Tutti ne parlano come un ragazzo solare, allegro, senza particolari problemi né sentimentali né economici, che al mattino lavora come boscaiolo e passa il pomeriggio coi coetanei. Nulla che potesse, insomma, far pensare ad un gesto estremo e da un momento all'altro.
Il 21 ottobre, è domenica, passa la mattinata con il solito gruppo di cacciatori, quindi torna a casa della nonna, dove dorme da qualche tempo. La sera piove, e molto, quindi il giorno successivo potrà rimanere a casa. Rincasa verso le 20 ma esce subito dopo, ancora in tenuta da caccia. Alla zia, che gli fa notare che fuori c'è il temporale, risponde che sarebbe andato solo a posare il fucile in garage. Quella è l'ultima volta che lo vedono vivo.
E alla donna resta impresso un particolare: l'arma è senza fodero, come se non dovesse raggiungere il luogo della battuta a piedi ma se qualcuno lo stesse aspettando per andare in auto.
Il 22 ottobre, quasi alle 10 del mattino, di Nazzareno non c'è traccia. Nessuno sa dove sia. La madre, dopo aver chiamato inutilmente amici e conoscenti, si rivolge ai carabinieri. Cominciano le ricerche, che durano tutto il giorno. Fino alle 17 circa, quando il corpo viene visto in un'area boschiva di Balsorano che il 22enne non è solito frequentare.
Ma anche qui c'è un particolare che, secondo i genitori e l'avvocato, non è stato approfondito: alle sette del mattino di quel giorno un altro cacciatore ricevette una chiamata da una persona che gli chiedeva se sapesse dove fosse il ragazzo. E l'uomo, che non faceva parte del gruppo di Nazzareno, non aveva saputo rispondere. Il cacciatore aveva poi confidato ad Anna Lancia di avere ricevuto la telefonata, ma non aveva voluto dirle da parte di chi.
Il perito balistico esclude categoricamente l'ipotesi del suicidio
Il corpo viene rinvenuto in località Cisterna a Balsorano. Il fucile è a 2,4 metri dal cadavere, non vengono rilevate le impronte e viene dato ad un cacciatore del posto perché faccia espellere il bossolo rimasto parzialmente incastrato nella camera di scoppio.
Le indagini vengono chiuse praticamente subito: non viene effettuata perizia balistica, nemmeno autopsia, e, come evidenzierà poi il perito balistico, non viene nemmeno appurato che la pallottola che ha ucciso il ragazzo sia stata effettivamente esplosa dall'arma del 22enne.
La consulenza balistica viene effettuata quando i genitori chiedono di riaprire il caso. E il perito Roberto Ianni evidenzia una serie di elementi che a parer suo non tornano. Tra questi, la posizione del corpo: Nazzareno, destrimano, avrebbe dovuto assumere una posizione molto complicata per puntarsi la canna del fucile dietro l'orecchio e la posizione del braccio destro, piegato sul petto, non appare compatibile con quella che avrebbe assunto l'arto in seguito alla caduta conseguente allo sparo.
C'è poi la questione della lunghezza dell'arma: non è una pistola, ma un fucile con una canna di circa 60 centimetri. Nella consulenza si richiama la relazione sulla ricognizione cadaverica della dottoressa Maria Teresa Perrotta, che evidenzia la "presenza del tatuaggio circostante la lesione".
Un risultato che, secondo Ianni, si sarebbe ottenuto se Nazzareno non solo fosse riuscito a tenere l'arma in modo innaturale e puntandosela dietro l'orecchio, ma anche tenendo la canna a distanza dalla testa. Scrive il perito:
La presenza del tatuaggio sta ad indicare in maniera certa ed inequivocabile che il colpo non sia stato sparato a contatto ma ad una distanza ravvicinata che può variare a seconda del tipo di arma e di munizione utilizzata.
Inoltre nel caso specifico un colpo di fucile calibro 12, sparato a contatto, avrebbe generato lesioni ben più evidenti e distruttive rispetto a quelle rinvenute sul cadavere del Corsetti.
La conclusione del perito è netta: «Si ritiene di dover escludere categoricamente l'ipotesi del suicidio come causa di morte».
La riapertura delle indagini e l'archiviazione
L'11 gennaio 2021 l'avvocato Bafile presenta la richiesta di riapertura delle indagini: allega la consulenza balistica, chiede che venga effettuata la perizia che venga accertato se quella notte il giovane boscaiolo era con qualcuno e con chi. Il 16 novembre, però, il gip dispone l'archiviazione. Richiama quanto appurato nelle indagini, e che consente di «ritenere che la morte del Corsetti sia stata determinata da un gesto volontario o accidentale posto in essere dal medesimo giovane».
E boccia tutte le richieste della famiglia:
In definitiva, permane un vuoto probatorio sulla dinamica effettiva dei fatti che non è ulteriormente colmabile con attività investigativa ulteriore.
Né tantomeno sì ritiene che tale lacuna possa essere utilmente superata con l'attività d’indagine indicata, in quanto, lo si ripete, pur se emergessero elementi tali da far ritenere che il Corsetti, nella sera del 21 ottobre 2018, non fosse solo, non sarebbe possibile risalire utilmente agli ulteriori soggetti che sarebbero stati in sua compagnia.
In altre parole: anche accordando ulteriori indagini, non si potrebbe ormai scoprire più di quello che si è scoperto. E la domanda della famiglia, quindi, è destinata a rimanere senza risposta accettabile: «Chi ha ucciso Nazzareno?».