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Morte Liliana Resinovich, prelevato campione di Dna a Sebastiano: perché potrebbe essere la svolta

Sul cordino che stringeva le buste di nylon intorno al collo di Liliana sono state rinvenute tracce del suo profilo genetico. Sebastiano, dal canto suo, ha dichiarato che mercoledì gli è stato prelevato un campione di Dna. La svolta è davvero vicina?
A cura di Anna Vagli
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Liliana Resinovich (Facebook)
Liliana Resinovich (Facebook)

La morte di Liliana Resinovich disegna un quadro complesso che sfugge a letture semplici e semplicistiche. Negli ultimi giorni, tra dichiarazioni e smentite sui profili genetici repertati sul cordino, torna prepotentemente sul tavolo l’ipotesi suicidaria.

In particolare, ieri si è diffusa la notizia del rinvenimento di un consistente quantitativo di Dna della Resinovich sul laccetto utilizzato per fissare al collo le due buste di nylon. Buste nelle quali era infilata la testa di Liliana.

Caso chiuso? Potrebbe smembrarlo se non fosse che, stando ai racconti di Sebastiano, l’uomo – dopo essere stato sentito per quattro ore – proprio mercoledì sarebbe stato sottoposto ad un prelievo di Dna.  Perché? Forse per comparalo con l’altro profilo, quello maschile, repertato sullo stesso laccio?

In attesa dei tossicologici, nonché della pistola fumante, proviamo quindi nuovamente a tirare le fila di questo giallo.

 Il Dna di Liliana sul cordino

In un continuo rincorrersi di voci, seppur la Procura di Trieste inviti al massimo del riserbo, ieri un’agenzia ha parlato di un ingente quantitativo di Dna appartenente a Liliana ed isolato in prossimità del cordino. Questo dato, dunque, sembrerebbe far propendere gli investigatori per il compimento dell’estremo gesto autolesionistico da parte della Resinovich. Secondo quest’ultima ipotesi, difatti, il profilo genetico sarebbe stato repertato perché la donna, nello stringersi i sacchi, sarebbe inevitabilmente venuta a contatto con il cordino medesimo. Attività, quella del fissare al collo, ovviamente imprescindibile per concretizzare il suicidio.

D’altro canto, è possibile fare un’ulteriore considerazione. Il Dna di Lilli potrebbe essere finito su quel laccio nel tentativo disperato della donna di toglierselo o di sfilarsi i sacchi dal collo. Ma anche da questo punto di vista, stando a quanto emerso sino ad oggi, non sarebbero stati rinvenuti sul corpo segni di violenza. Una simile mancanza, pertanto, escluderebbe la colluttazione della donna poco prima di morire.

Il prelievo del Dna al marito Sebastiano

Se, in punta di penna, il giallo può per alcuni essere considerato risolto, c’è un elemento che mal si sposa con la chiusura del caso.

Sebastiano Visintin, ospite in collegamento alla trasmissione Quarto Grado, ha dichiarato di essere stato sentito mercoledì dagli inquirenti per quattro ore. Ma non soltanto. Difatti, l’uomo ha affermato come, lo stesso giorno, gli sia stato prelevato un campione di Dna. Dunque, seppur le ultime notizie asseriscano di un copioso rinvenimento del materiale genetico di Liliana sul cordino, è verosimile ritenere che il Dna maschile isolato sullo stesso, seppur debole, sia comunque in grado di fornire un profilo congenito completo  da utilizzare in chiave comparatistica e per esclusione con quello del marito della Resinovich.  E magari non solo.

Il corpo di Liliana Resinovich

Lilli è stata rinvenuta cadavere in un boschetto limitrofo all’ex ospedale psichiatrico San Giovanni. Il suo corpo, in posizione fetale, era chiuso in due sacchi neri della spazzatura. Mentre la sua testa era infilata in due buste di nylon chiuse al collo, ma non strette. Nonostante il decorso del tempo, il cadavere era in buono stato conservativo, eccezion fatta per la testa: i sacchi intorno al collo non erano particolarmente deteriorati così come non erano eccessivamente usurati dal maltempo.

L’esame autoptico ha imputato la causa di morte ad uno scompenso cardiaco acuto. Dunque, le risultanze emerse hanno fin da subito consentito di prediligere come unica causa di morte quella del soffocamento. Tuttavia, il medico legale incaricato aveva immediatamente sottolineato la mancanza di evidenti segni riconducibili alla matrice asfittica. Segni che, stando alla letteratura scientifica, sono riscontrabili nell'immediatezza nella quasi totalità dei casi. Per questa ragione, in termini investigativi, era stata istantaneamente prospettata l’inderogabilità di un’indagine tossicologica.

L’ipotesi suicidiaria

Il percorso suicidiario di un individuo rimane spesso nell’ombra ed è comunque complicato da ricostruire. Ragionando dal generale al particolare, avvalorando l’estremo gesto, deve inevitabilmente supporsi che, per togliersi la vita con quelle modalità, Liliana versasse in un devastante e non contenibile disagio emotivo. Un disagio frutto di fragilità e condizioni di vulnerabilità psichica che nessuno aveva percepito prima. E questa constatazione è davvero una tessera del puzzle che mal si incastra con il resto della storia. Senza contare che, la modalità eventualmente prescelta dalla donna per togliersi la vita, era ad alto rischio di fallimento.

Mi spiego meglio. La morte per soffocamento è una delle più atroci che una persona possa infliggersi. Da questo punto di vista, come ultimo istinto di sopravvivenza, poco prima di morire, è fisiologico il gesto di sfilarsi ciò che ci impedisce di respirare.

In questa direzione, lo si ricorda, andrebbero anche le immagini della telecamera di un autobus situata nei pressi di piazzale Gioberti. La donna, la mattina della sua scomparsa, è stata ripresa da sola mentre si allontanava dal negozio di frutta e verdura. Inoltre, i vestiti immortalati dalle telecamere erano gli stessi indossati quando è stata rinvenuta cadavere: giacca grigia, pantaloni scuri, orologio rosa al polso, scarpe, occhiali e chiavi di casa in tasca. Non aveva né i suoi cellulari né i documenti.

 Il significato simbolico dei sacchi

Certamente, lo abbiamo ripetuto più volte, le modalità con le quali è stato rinvenuto il corpo di Liliana hanno destato qualche dubbio sull’ipotesi che la donna avesse effettivamente scelto di togliersi la vita. Ma c’è altro. Come il fatto di non aver lasciato nessun bigliettino di addio, né un pensiero per i suoi cari.

In merito, si rifletta su quanto segue. Un simile imbustamento del corpo, così come la decisione di non scrivere nessun messaggio, potrebbe aver rappresentato la volontà di Liliana di andarsene in punta di piedi, senza dare nell’occhio. Un ultimo gesto di pudore, funzionale forse a non recare troppo disturbo. Del resto, è sempre stata descritta da chi le voleva bene proprio come donna riservata e composta.

In un simile scenario, non può neppure sottacersi come il suicidio sia un evento che più degli altri porta inevitabilmente a confrontarci con il senso del limite e con numerosi interrogativi. Interrogativi che, spesso, non trovano una risposta sufficientemente esaustiva.

 I tablet e gli apparecchi elettronici

Anche le risultanze derivanti dalle analisi dei tablet e dei dispositivi elettronici potrebbero essere illuminanti per dirimere la questione. Difatti, non essendo catalogabile come modo canonico di togliersi la vita, è ragionevole credere che – se di suicidio si è trattato – la donna abbia ricercato sul web le istruzioni per realizzarlo.

Il punto di vista di familiari e amici

Nell’assoluto rispetto che chi scrive ha per la vita e per la morte, per il dolore di chi (eventualmente) abbia scelto di andarsene e per quello di chi resta, consideriamo quanto segue.

Sin dall’inizio tutte le persone vicine a Liliana hanno escluso con fermezza l’ipotesi del suicidio. Addirittura, il fratello Sergio – qualche settimana fa – ha in proposito depositato in Procura una memoria per rafforzare il convincimento. In questo senso, se ragionassimo in termini di autopsia psicologica, l’ipotesi che Liliana possa essersi uccisa apparirebbe del tutto inverosimile e strampalata.

Ma questa riscontrata repulsione nei confronti del suicidio, in verità, potrebbe essere frutto di tutte quelle risonanze emotive che spaventano e fanno male a chi resta. Da tale angolo di visuale, il j’accuse dei familiari di fronte ad un gesto premeditato e non impulsivo, potrebbe rivelarsi ancor più devastante.

A mio avviso, in questo senso ed allo stato, pare non potersi escludere la circostanza per la quale Liliana, trovatasi in una condizione di profondo disagio emotivo frutto dall’incapacità di scegliere tra Claudio e Sebastiano, si sia determinata al suicidio.

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