Morte Camilla Canepa, l’avvocato spiega cosa dice la relazione dei periti dei pm
Secondo quanto emerge dalla perizia ordinata dalla procura di Genova, la morte di Camilla Canepa avvenuta lo scorso giugno dopo una trombosi "è ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso da somministrazione del vaccino anti Covid". È questo uno dei passaggi fondamentali delle 74 pagine firmate dal medico legale Luca Tajana e dall'ematologo Franco Piovella nella relazione depositata ai pm che stanno indagando sul decesso della studentessa di 18 anni di Sestri Levante deceduta il 10 giugno all'ospedale San Martino di Genova.
Camilla si era vaccinata il 25 maggio con Astrazeneca a un open day e aveva iniziato a stare male il 3 giugno. Dopo un primo ricovero all'ospedale di Lavagna era stata dimessa per tornare nel medesimo nosocomio il 5 giugno in condizioni critiche. Trasferita d'urgenza al policlinico San Martino di Genova, era stata operata alla testa. Poi la morte sopraggiunta il 10 giugno. La sua famiglia ha sempre sottolineato che Camilla stava bene e non aveva altre malattie né assumeva farmaci, cosa confermata anche dai periti della Procura che scrivono nella relazione che la 18enne "non aveva alcuna patologia pregressa e non aveva preso alcun farmaco". Il legale della famiglia di Camilla, l'avvocato Angelo Paone, ha spiegato a Fanpage.it che la perizia conferma quanto da sempre affermato dalla famiglia: "Su quale potesse essere la causa noi avevamo una certa idea e mi sembra che i consulenti abbiano confermato che sia ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso del vaccino – le parole dell'avvocato – si erano creati dubbi sulle condizioni pregresse di Camilla ma la perizia conferma indirettamente che la ragazza era sana. Da qui in poi posso solo dire che noi abbiamo un nostro consulente che era già stato nominato e quindi prossima settimana approfondiremo alcuni aspetti che sono emersi dalla consulenza".
Il legale dunque spiega che il prossimo passaggio sarà esaminare il testo finale insieme col consulente nominato dalla famiglia e valutare se possono essere condivise o meno le conclusioni alle quali sono giunti i periti della Procura. Il 3 giugno Camilla era stata portata all'ospedale di Lavagna dove le avevano riscontrato una piastrinopenia e una fotosensibilità, che però non sarebbe stata trattata: dopo una tac senza contrasto era stata dimessa per poi ritornare allo stesso ospedale il 5 in condizioni disperate per una trombosi al seno cavernoso. "Al primo ricovero – scrivono i medici nella relazione – era già in atto la reazione al vaccino e poteva essere interpretata come tale ma in quel contesto e in quella fase storica ancora se ne parlava poco e non era così di facile intuibilità una correlazione". In merito alla somministrazione del vaccino Astrazeneca l'avvocato Paone spiega a Fanpage che "già in quel periodo era consigliato quel vaccino dai 60 anni in poi e questa è cosa nota", mentre sulla posizione dell'ospedale e sulle eventuali cure non somministrate a Camilla così come l'eventuale mancanza di liquido di contrasto nella tac, il legale della famiglia spiega che "la riflessione sulla struttura sanitaria in sé e sul fatto che stia stata dimessa fa parte di un altro tipo di analisi".