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Morta dopo un intervento al naso, il compagno: “Stefania si poteva salvare con un anticoagulante”

Stefania Camela, la 47enne impiegata del Comune di San Benedetto del Tronto deceduta due giorni dopo l’intervento al naso eseguito in una clinica privata di Milano, è morta a causa di una tromboembolia.
A cura di Davide Falcioni
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È stata una tromboembolia polmonare massiva a causare la morte di Stefania Camela, la 47enne impiegata del Comune di San Benedetto del Tronto deceduta due giorni dopo l’intervento al naso eseguito in una clinica privata di Milano: è quanto emerso dall'autopsia eseguita mercoledì mattina nell’obitorio del Policlinico di Milano alla presenza dei medici legali di parte. Per i familiari della donna, tutelati dall’avvocato Dario Alessio Sobillo, ha assistito all'esame il medico legale Giovanni dell’Aquila di Foggia; presenti anche i periti di parte nominati dai due sanitari che hanno eseguito l’intervento chirurgico, nei confronti dei quali il pubblico ministero della procura di Milano, Luca Gaglio, ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Il corpo della 47enne è stato messo a a disposizione della famiglia e sarà riportato nella sua città natale ieri, mentre il funerale è stato fissato per oggi, alle 16, nella cattedrale della Madonna della Marina a San Benedetto del Tronto.

xxx insieme a Stefania Camela.
xxx insieme a Stefania Camela.

Come riporta Il Resto del Carlino in una ricostruzione Michele Sobillo, compagno Stefania, avrebbe avuto un importante dialogo con il medico che ha eseguito l'autopsia. "L’anatomopatologo dopo il riconoscimento mi ha fatto alcune domande. Sono molto arrabbiato nell’aver appreso che, con molta probabilità, la mia compagna si sarebbe potuta salvare con il semplice impiego di un anticoagulante", ovvero farmaco che impedisce la formazione di coaguli in modo da prevenire il rischio di trombosi. Sobillo ha inoltre spiegato al medico che la sua compagna conduceva una vita sana e che si era sottoposta a un intervento chirurgico "funzionale" per riparare il setto nasale che si era fratturata in un incidente stradale quando aveva una decina di anni. "Stefania non vedeva l’ora di poter respirare a pieni polmoni, riaprendo i turbinati – ha ricordato Michele –, ma temeva l’anestesia e i tamponi da portare dopo l’intervento. Ecco perché, dopo tante titubanze, aveva scelto la clinica Blumar Medica di Milano. Il chirurgo le aveva promesso che non l’avrebbe intubata e che non le avrebbe applicato i tamponi".

L'operazione chirurgica sembrava essere riuscita. Stefania era stata dimessa dalla clinica qualche ora dopo l’operazione ed aveva raggiunto un hotel di Milano, insieme al compagno, per trascorrere un paio di giorni post operatori. La mattina del primo dicembre, mentre stavano uscendo dall’albergo, la donna è improvvisamente crollata. Rianimata prima dal compagno e poi dai soccorritori del Policlinico, Stefania è morta di trombosi un paio d’ore dopo.

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