Andrea morì durante un TSO, la famiglia rifiuta risarcimento: “La giustizia non ha prezzo”
Un risarcimento sensibilmente più alto del normale e la proposta di una targa "alla memoria": entrambe le offerte sono state rifiutate dai familiari di Andrea Soldi, il 45enne "gigante buono" morto in 5 agosto del 2015 a Torino in seguito a un trattamento sanitario obbligatorio violento: "Non vogliamo dare un prezzo alla vita di mio fratello — dice Maria Cristina Soldi, sorella dell'uomo — quello che è successo è troppo grave, non è una questione di denaro. Noi vogliamo solo che si faccia il processo, e che non si debbano aspettare mesi tra un’udienza e l’altra. Auspichiamo che i tempi non siano lunghi e che sia fatta giustizia, e che mio fratello non sia dimenticato". Così la donna ha motivato il rifiuto della generosa offerta risarcitoria, ben più elevata di quanto prevederebbero tabelle utilizzate per quantificare il valore "economico" di una vita spezzata.
L’udienza preliminare nei confronti di tre agenti della polizia municipale torinese e dello psichiatra che era presente al Tso riprenderà il 19 gennaio. Il giudice Elena Rocci ha accolto la richiesta degli avvocati della famiglia di Soldi di citare in giudizio il Comune e l’Asl To2, entrambi datori di lavoro cioè dei quattro imputati, che dovrebbero concorrere al risarcimento danni, calcolato solitamente con l'ausilio di tabelle risarcitorie che prevedono cifre variabili in base all’età della persona morta, del suo stato economico, delle sue condizioni di vita, dell’esistenza di congiunti e del grado di parentela dei familiari.