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Arrestato il proprietario di Aumai Shopping: è accusato di aver frodato il fisco per 20 milioni

L’imprenditore – proprietario della catena di negozi cinesi – è accusato di frode per 20 milioni di euro con 6 milioni di euro di imposte evase, in soli due anni, grazie a un articolato sistema di false fatture.
A cura di Davide Falcioni
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Gli agenti della Guardia di Finanza di Monza hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal gip presso il Tribunale di Monza nei confronti del proprietario di Aumai, un'importante catena di supermercati cinesi sparsi su tutto il territorio italiano e con punti di vendita a Milano, il più noto dei quali in piazzale Loreto. L'imprenditore è accusato di frode per 20 milioni di euro con 6 milioni di euro di imposte evase, in soli due anni, grazie a un articolato sistema di false fatture.

L'inchiesta ha coinvolto in tutto cinque persone con altri quattro soggetti raggiunti a un provvedimento cautelare. Oltre al titolate, il provvedimento cautelare ha coinvolto anche una manager di origine cinese, sottoposta agli arresti domiciliari, due collaboratori compiacenti, anche loro cittadini cinesi, interdetti dallo svolgimento dell’attività imprenditoriale e un altro indagato per cui è stato previsto il divieto di espatrio.

Sono inoltre in corso perquisizioni, anche con l’ausilio di unità cinofile “cash dog” (cane fiuta soldi), tra le province di Monza e della Brianza e di Brescia. È stato emesso anche un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni per più di 6 milioni di euro, una cifra pari ai profitti illeciti ipotizzati che sarebbero stati realizzati grazie al coinvolgimento di venti imprese “cartiere” coinvolte.

L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Monza svolta dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della città lombarda, ha permesso di ricostruire un articolato sistema “multi-layered” di frode nel settore del commercio dell’abbigliamento, strutturato attraverso una fitta rete di società (“emittenti”- “filtro” – “beneficiarie”) volte all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, dislocate su tutto il territorio nazionale e gestite da cittadini di origine cinese incensurati. È emersa una rete di imprese “filtro” ovvero società “apparentemente dotate di una veste operativa e legale, ma di fatto prive di strutture aziendali (unità produttive e locali, magazzini, uffici), lavoratori dipendenti e beni strumentali all’esercizio delle attività imprenditoriali dichiarate.

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