“Montella dice che sta sopra al comandante”, il racconto che ha dato via all’indagine a Piacenza
L'appuntato dei carabinieri Giuseppe Montella si sarebbe vantato più volte con i pusher al suo servizio di avere in mano la stazione Levante di Piacenza e di essere al di sopra anche del maresciallo comandante che formalmente era il suo superiore. A rivelarlo agli inquirenti un giovane pusher, un 26enne le cui parole hanno contribuito a far scattare l'inchiesta che poi ha fatto luce su quanto accadeva in quella caserma dei carabinieri, ora sotto sequestro dopo la scoperta di una lunga serie di atti illeciti come torture, arresti illegali e traffico di sostanze stupefacenti, messi in atto da un gruppo di militari dell'arma ora in arresto tra cui Montella.
"Io principalmente parlavo con Montella, il quale mi diceva che comunque tutti gli altri carabinieri della stazione erano ‘sotto la sua cappella’, compreso il comandante Orlando", ha raccontato il 26enne le cui parole sono finite ora agli atti dell'inchiesta coordinata dai pm Antonio Colonna e Matteo Centini della procura della Repubblica di Piacenza. Le registrazioni audio delle prime ammissioni del 26enne erano state fatte ascoltare in procura dal maggiore dei carabinieri Rocco Papaleo, oggi comandante della Compagnia di Cremona e all’epoca dei fatti alla guida del Nucleo investigativo di Piacenza. L'ufficiale dei carabinieri, convocato per un’altra indagine, aveva avvisato i pm degli strani comportamenti in quella caserma e dello strano tenore di vita dell'appuntato dicendo di non aver mai riferito quanto appreso ai suoi superiori in quanto non si fidava.
Convocato della Polizia Locale di Piacenza, incaricato dalla Procura di verificare, il 26enne confermava tutto raccontando inoltre di conoscere l’appuntato Giuseppe Montella fin dal 2010 e di aver ricevuto da lui già nel 2016 la proposta, poi accettata, di collaborare all’arresto di spacciatori della zona in cambio di una percentuale del denaro o della droga sequestrata. “In modo molto esplicito mi ha detto che se avessi avuto qualche operazione ‘cotto e mangiato’, senza svolgere indagini lunghe, una parte del denaro e dello stupefacente pari al 10% poteva essermi data come compenso” ha rivelato il 26enne, aggiungendo: "Inoltre Montella mi diceva che avrei potuto stare tranquillo e nel caso di eventuali controlli potevo fare il suo nome e anche chiamarlo personalmente".