“Mio papà Cosimo ucciso dal virus in 5 giorni: è stato il paziente zero della sua Rsa”
"Penso che mio padre sia stato il primo – spiega la figlia di Cosimo Marasco, Rosella – e racconto questa storia perché penso che dagli errori si debba sempre imparare. Non me l'aspettavo, ero convintissima che lui fosse al riparo, che fosse tranquillo. Ci avevano vietato di entrare e abbiamo sopportato questa distanza proprio per tutelarlo, non potevo immaginare cosa sarebbe successo". Le visite dei parenti sono sospese da qualche settimana e Rosella Marasco festeggia la festa del papà inviando dei video a Cosimo. Non parla direttamente con lui, ma un'infermiera la rassicura, dicendo che suo padre ha visto i video, l'ha riconosciuta ed è contento. E' il 19 marzo. Rosella non può immaginare che solo 5 giorni dopo avrebbe pianto la morte di suo padre.
Il 22 marzo riceve una chiamata dalla RSA Trisoglio, dove il padre risiede. L'infermiera le comunica che hanno chiamato l'ambulanza per trasferire suo padre al vicino ospedale di Moncalieri. Dopo neanche un'ora, una dottoressa del Pronto Soccorso chiama al telefono Rosella, spiegando che suo padre è in condizioni gravissime e che provvederanno a somministrargli della morfina per tenerlo addormentato e non farlo soffrire. Il 23 marzo Rosella parla con altri 4 medici dell'ospedale di Moncalieri, che confermano tutti la diagnosi: Covid-19. Anche se il risultato del tampone non è ancora arrivato, le lastre e gli esami del sangue non lasciano spazio ai dubbi.
Il Paziente Zero
Da dove e da chi ha preso il Coronavirus Cosimo Marasco? Da qualcuno che è stato trasferito in struttura? Dal personale medico che opera nella RSA? E come è successo? Mancanza di protezioni personali? Procedure sbagliate? Non lo so – spiega Rosella – non so come sia potuto succedere. Eravamo tranquilli che lì sarebbe stato al sicuro, ci è caduta una tegola sulla testa. Da quello che so mio padre è stato il primo a morire di Covid-19 tra gli ospiti di quella RSA, dopo c'è stata una escalation di morti.
"Le cose potevano andare diversamente"
Non resta che la rabbia, la tristezza infinita di avere perso un padre, la certezza che le cose sarebbero potute andare diversamente. "Se il personale sanitario fosse stato dotato di protezioni – si sfoga Rosella – se fosse stato esaminato con dei tamponi prima di entrare nella struttura, le cose sarebbero andate diversamente e mio padre sarebbe ancora qui con noi".