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Minacce allo chef calabrese Giuseppe Trimboli: “Se non paghi brucio te e tuoi figli”

“Se non paghi 50mila euro sei morto. Ti brucio il ristorante, i figli, la famiglia e la tua attività”. Quattro diverse lettere, ma sempre lo stesso contenuto: una richiesta a scopo estorsivo per Giuseppe Trimboli, imprenditore  e chef stellato, proprietario del ristorante “La Collinetta”, a Martone, nella locride calabrese.
A cura di Dominella Trunfio
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Un ristorante premiato e conosciuto del circuito Slow Food che evidentemente dà fastidio a qualcuno. «Tutto è iniziato il 12 dicembre con l’arrivo della prima lettera in cui c’erano delle chiare minacce: se non avessi pagato 50mila euro, i miei figli sarebbero stati bruciati». Ma Giuseppe Trimboli, che da oltre dieci anni è socio di Goel Bio, il gruppo cooperativo che combatte la ‘ndrangheta creando economia pulita, non ha avuto dubbi sul da farsi. «Ho richiuso le lettere e sono andato subito a fare una denuncia ai carabinieri», spiega. Al suo fianco non solo la comunità Goel, ma anche cittadini, istituzioni e il sostegno delle forze dell’ordine. «È la prima volta in vent’anni di attività che mi succede una cosa del genere. Leggendo la cifra che chiaramente è fuori portata, mi sono chiesto: chi mi può odiare così tanto da scrivere queste cose?». Il dubbio dello chef è lecito. «Allora qui c’è un progetto più grosso, quello che mi si vuole far chiudere questa attività», continua lo chef.

Un ristorante che crea occupazione in un paesino di appena 600 abitanti e che porta avanti la cucina della nonna.« Ho iniziato mettendo in cucina mia mamma, oggi siamo una bella squadra, c’è mia moglie sempre al mio fianco, lavorano con me 13 persone e abbiamo anche un’azienda agricola da dove vengono tutte le nostre materie prime», spiega Trimboli.

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In cucina si lavora sodo, alle 11 del mattino è già quasi tutto pronto. «Io non vengo da un contesto che ho ereditato, non ho avuto tutto facile. L’ambiente familiare era quello e pure le possibilità, si camminava scalzi per non sciupare le scarpe. Eppure, mi reputo una persona fortunata per essere cresciuto in una famiglia unita, di aver incontrato mia moglie. Racconto questo per dire che noi ce la siamo sudata». Ma sicuramente, la cosa più difficile da fare è stata quella di dire al figlio maggiore di undici anni cosa stava accadendo, prima che lo scoprisse dai giornali. «Gli ho spiegato la situazione, è vero ci sono delle persone vili, dei vigliacchi che ci minacciano, ma la nostra famiglia continua a testa alta a vivere nella normalità».

E la paura? «La paura c’è sempre, ma alla fine non bisogna arrendersi. Io avrei più paura a piegare la testa, ad accettare di essere sottomesso con la violenza, con la politica dell’orrore. Nessuno deve privarti della tua libertà o può decidere cosa devi fare tu della tua vita», chiosa Trimboli. «Lo scacco l’hanno fatto a loro stessi. Si tratta di parassiti che succhiano il sangue della gente, dei lavoratori onesti- dice Vincenzo Linarello, presidente di Goel- noi non abbiamo bisogno di loro e per dimostrare ciò, dopo ogni aggressione alle nostre aziende noi organizziamo una festa, la festa della ripartenza».

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