“Io e la mia ragazza abbiamo la sindrome di Down e ci amiamo tanto come se fosse il primo giorno: non smetterò mai di amarla perché lei è il mio tutto, il mio mondo.” Anche chi lotta contro i pregiudizi come me ne è vittima. E allora capita ogni tanto che qualcuno mi riporti “con le ruote per terra”, ricordandomi che le prime barriere da combattere sono quelle nella nostra testa. L’ultimo ad averlo fatto è stato Michele Cianciotto con il suo commento lasciato nella mia pagina pubblica.
Michele ha ventisei anni e vive con la sua famiglia a Toritto (in provincia di Bari), lavora come operaio elettricista nell’azienda familiare e pratica taekwondo da venti anni:
“A febbraio ho fatto per la prima volta il campionato mondiale di parataekwondo (l'adattamento del taekwondo per gli atleti con disabilità, ndr) in Turchia e sono arrivato terzo”.
Michele è un ragazzo come tanti, anzi proprio come tutti. È questo che mi ha stupidamente colpito di lui, e per questo ho deciso di raccontare la sua storia: ho voluto intervistarlo perché dal suo commento non ho notato alcuna differenza tra me e lui, che è un ragazzo esattamente come me. Vorrei attraverso le sue parole dimostrare come ognuno di noi sia diverso e uguale allo stesso tempo.
“La mia giornata inizia la mattina quando alle 6:45 mi alzo. Faccio colazione, mi vesto e vado a lavorare: ho la patente e l'auto da quattro anni. L'orario di rientro da lavoro varia. Arrivo a casa, faccio una doccia e in giorni alternati vado a mangiare a casa della mia ragazza. Poi io rientro a casa mia, leggo un libro e dopo vado a dormire.”
Esatto, la sua ragazza, che per amore di Michele si è trasferita per avvicinarsi a lui e poter vivere al meglio la loro storia:
“Ci siamo conosciuti in un’associazione di persone con sindrome di Down a Bari. Lei si chiama Piera Stefania e ha venticinque anni, prima viveva a Polignano ma adesso si è trasferita a Toritto per me. Stiamo insieme da sei anni, ci vogliamo molto bene e sogniamo il matrimonio. Abbiamo fatto anche una sfilata con abiti da matrimonio al Castello Marchione a Conversano!”
Michele e Piera, come tutte le coppie, sono legati da una passione comune: “Insieme balliamo i balli standard e i balli caraibici da un po' di tempo”. Una vita così piena che vi sembrerà quasi eccezionale o insolita, proprio per i preconcetti che ci hanno inculcato da sempre riguardo le persone con disabilità, soprattutto quelle intellettive, eppure non è così e lo stesso Michele ce lo ricorda con semplicità:
“La disabilità e la sindrome ci fortificano perché le possiamo utilizzare per fare cose straordinarie che alcune persone non capiscono”.
D'altronde ognuno di noi deve affrontare ostacoli più o meno grandi. Così chiedo a Michele se ci siano delle particolari difficoltà che vive ogni giorno e, soprattutto, cos’è per lui la sindrome di Down che lo caratterizza:
“Non ho proprio una difficoltà, è solo una questione di ritardo. La sindrome di Down l'ho scoperta dai miei genitori: mi hanno spiegato cosa comporta ma la mia è solo a mosaico, detto anche mosaicismo. Non la vivo male, la vivo con tranquillità perché non è una malattia ma una condizione genetica: ci convivo e basta.”
Prima di salutarlo gli chiedo se ha un messaggio da lanciare ai lettori per chiudere questa nostra bella chiacchierata, e così risponde:
"Se fai una cosa bella che ti piace, falla. Io ho accettato quest'intervista perché è bello far sapere agli altri della nostra storia e condividerla. A chi mi leggerà dico di continuare a credere che ce la possiamo fare in qualunque situazione, con i propri tempi… e che la vita la si può vivere a colori."