“Messina Denaro nega l’omicidio del piccolo Di Matteo per vergogna, malvisto anche in Cosa nostra”
Matteo Messina Denaro ha negato di aver ordinato il brutale assassinio del piccolo Giuseppe Di Matteo, ucciso e poi sciolto nell'acido a 12 anni, perché "forse ha voluto allontanare da sé la vergogna di essere il mandante dell'omicidio di un bambino, una cosa che anche in ambiente mafioso è malvista". Lo ha spiegato il pm Nino Di Matteo commentando la dichiarazione rilasciata dal boss di cosa nostra durante l’interrogatorio in carcere e davanti al gip, nel quale ha ammesso di aver ordinato il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo ma non di averne commesso l'omicidio, scaricando su Giovanni Brusca la responsabilità del delitto.
Al giudice che gli chiedeva conto delle varie accuse di cui deve ancora rispondere, Matteo Messina Denaro infatti ha ammesso di aver sequestrato il ragazzino nel novembre del 1993, per vendetta nei confronti del padre Santino Di Matteo, collaboratore di giustizia, ma ha scaricato la colpa dell'omicidio del piccolo, avvenuto dopo una lunga prigionia, sul boss Giovanni Brusca, da poco liberato dopo 25 anni di carcere.
Il magistrato spera in una futura collaborazione del boss al 41 bis ma al momento non crede alle dichiarazioni fatte finora da Messina Denaro. "Non mi illudo che le dichiarazioni di Matteo Messina Denaro siano foriere di una collaborazione che invece sarebbe molto importante se fosse piena, esaustiva e sincera" ha spiegato il pm a Live In, su SkyTG24, tornando a ribadire che bisogna trovare ora le coperture istituzionali che hanno permesso a Messina Denaro di rimanere latitante nella sua zona per decenni.
"C’è da chiarire il capitolo delle coperture extra mafiose: non credo alle coperture solo da parte dei familiari e di qualche compaesano. Dobbiamo capire se ci possano essere state coperture istituzionali. Del resto anche per Provenzano solo dopo svariati anni si è potuto accertare che ha potuto contare su coperture di altro tipo” ha spiegato Di Matteo
"La realtà è che è vergognoso che un latitante accusato di sette stragi resti latitante per trenta anni. Dobbiamo chiederci come sia stato possibile che Matteo Messina Denaro sia rimasto a casa sua facendo una vita normale, sostanzialmente da latitante a casa sua” sottolinea Di Matteo, secondo il quale "Riina e Messina Denaro appartengono a due storie diverse, sono due mafiosi diversi. Messina Denaro è cresciuto sulle gambe di Riina ma ha viaggiato, ha avuto contatti con persone straniere e si potrebbe dire che è un mafioso moderno"
Per il magistrato "l'atteggiamento di Cosa Nostra è oggi più che mai orientato al rifiuto dello scontro frontale con lo Stato e alla scelta di comportamenti silenziosi e che generino minore allarme sociale, per penetrare con ancor più efficacia il mondo dell'imprenditoria e dell'alta finanza. Il tutto senza rinnegare le caratteristiche e gli obiettivi insiti nella natura di Cosa Nostra".