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Matteo Messina Denaro

Messina Denaro, il fratello di Giuseppe Di Matteo: “Nessun perdono, deve soffrire il più possibile”

Giuseppe fu strangolato e sciolto nell’acido. “Era un ragazzino, impensabile il perdono. Adesso deve soffrire come mio fratello”, spiega Nicola Di Matteo, che poi aggiunge: “Ora si faccia luce sulle coperture”.
A cura di Biagio Chiariello
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Quando hanno letto la notizia dell’arresto di Matteo Messina Denaro hanno provato "gioia mista a pianto". La mamma e il fratello di Giuseppe Di Matteo, il bambino strangolato e poi sciolto nell'acido, su ordine, tra gli altri, di Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato, e dello stesso Messina Denaro, oggi rivivono "il ricordo di quel periodo orrendo", come ha spiegato Nicola Di Matteo all’AdnKronos. "Ringrazio le forze dell'ordine e la magistratura, che ci sono sempre stati accanto. Lo Stato ha i suoi tempi ma vince sempre".

Il fratello di Giuseppe Di Matteo non ha alcuna parola di perdono per Messina Denaro:

Ho letto che è malato. Mi auguro che possa vivere il più a lungo possibile per avere una lunga sofferenza, la stessa che ha imposto a mio fratello, un ragazzino innocente".

L'auspicio di Nicola Di Matteo, adesso, è che "si faccia luce anche sulle coperture" che hanno consentito una latitanza lunga 30 anni. "Speriamo che tutta la verità possa venire a galla".

L'arresto dell'ex superlatitante è avvenuto a Palermo. "Questi criminali non si allontanano mai troppo dai loro territori in cui possono contare su una fitta rete di persone pronte a proteggerli".

Giuseppe Di Matteo era figlio del pentito Santino, ieri intervistato da Sandro Ruotolo per Fanpage.it: il 14 novembre 1993 stava uscendo dal maneggio dove era andato a cavallo quando un commando di mafiosi vestiti da poliziotti lo ingannò, dicendogli che lo avrebbero portato dal padre.

Quel rapimento, deciso dal Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano oltre ai già citati Brusca Messina Denaro, doveva rappresentare un avvertimento per i pentiti del commando della strage di Capaci che stavano collaborando con la giustizia. Il 12enne fu ucciso a San Giuseppe Jato l'11 gennaio 1996. Il suo corpo non fu mai ritrovato, perché disciolto in acido nitrico.

Per il fratello del piccolo Giuseppe, anche a distanza di tanti anni non è possibile il perdono. "È una cosa impensabile davanti alle atrocità che hanno imposto a Giuseppe. Non si può perdonare una cosa del genere. Giuseppe era un ragazzino, impensabile il perdono. Adesso deve soffrire come mio fratello", conclude.

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