Messina Denaro aveva affidato la latitanza al boss Leonardo Bonafede: “Si fida solo di lui”
Per anni Matteo Messina Denaro si è "nascosto" in Sicilia, lì dove ha trascorso tutta la sua vita criminale. Per altrettanto tempo, l'ex latitante catturato lo scorso 16 gennaio a Palermo ha affidato la sua latitanza a persone già note alle forze dell'ordine senza però attirare l'attenzione su di sé.
Il capo di Cosa Nostra ha potuto evitare per 30 anni la cattura anche in base a un antico sodalizio tra suo padre, il boss Francesco Messina Denaro (morto da latitante) e Leonardo Bonafede, padre dell'ex insegnante elementare Laura arrestata nella giornata di ieri, giovedì 13 aprile.
Quest'amicizia, secondo quanto attestato dalle forze dell'ordine, è durata nel tempo e ha legato Messina Denaro al boss morto nel 2020 a 88 anni. Queste circostanze sono state confermate anche da Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito del capo di Cosa Nostra arrestato nel 2013 durante un'importante operazione antimafia Eden. Cimarosa, morto a 56 anni nel 2017, ha aiutato le autorità ad approfondire il sodalizio tra le famiglie mafiose Messina Denaro e Bonafede.
"Leonardo Bonafede stravede per Messina Denaro – spiegava Cimarosa, condannato per associazione mafiosa -. Lui dall'altra parte sa di poter fare affidamento su ‘zu Nardo per qualsiasi cosa". Secondo l'uomo arrestato nel 2013, il boss si sarebbe rivolto ai Bonafede non solo per portare a termine operazioni criminali negli anni '90, ma anche per far perdere le sue tracce con l'inizio della latitanza.
"Messina Denaro non avrebbe mai preso decisioni sfavorevoli ai Bonafede e loro lo sanno -. Con Leonardo erano ‘un'unica cosa', non lo avrebbe mai tradito". La fiducia incondizionata del capomafia per "zu Nardo" lo avrebbe quindi naturalmente portato ad affidare la propria vera identità alla famiglia Bonafede che dall'altra parte ha assicurato la latitanza dell'ex ricercato fornendogli l'identità (come nel caso di Andrea Bonafede, geometra nipote del boss), un nascondiglio (Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri, arrestati il 16 marzo per favoreggiamento) e la possibilità di continuare a comunicare con gli affiliati del clan (come Laura Bonafede, l'ex maestra elementare e moglie dell'ergastolano Salvatore Gentile).
Davanti alle autorità, Cimarosa ha sottolineato che "se Matteo Messina Denaro avesse potuto scegliere una sola persona della quale fidarsi nell'intera provincia di Trapani, avrebbe sicuramente scelto Leonardo Bonafede" e negli anni quel sodalizio è stato rafforzato e promosso dai discendenti del boss morto nel 2020.
Secondo le indagini, Laura e sua figlia, Martina Gentile, avrebbero mostrato una "vera e propria devozione" nei confronti di Messina Denaro, tanto da aver condiviso con lui lunghi periodi di convivenza durante la latitanza. In alcuni pizzini trovati dalle autorità durante le perquisizioni, Laura si lamentava del ruolo di "tramite" acquisito negli ultimi anni da Lorena Lancieri e mostrava la propria gelosia nei confronti del boss per la relazione finita nel 2017 dopo un'operazione di polizia volta a colpire la rete di fiancheggiatori attorno a Messina Denaro.