Mercalli a Meloni: “Il clima se ne frega degli interessi di Confindustria e dei giochi di palazzo”
Decine di migliaia di cittadini in Emilia Romagna sono di nuovo con i piedi nel fango, ad appena 16 mesi dall'alluvione del maggio 2023; intanto in mezza Europa si contano decine di morti e danni per miliardi di euro. Eppure, nonostante le catastrofiche conseguenze del ciclone Boris, per Giorgia Meloni la lotta al cambiamento climatico – che degli eventi meteo estremi è la principale causa – può tranquillamente aspettare: la priorità è infatti la crescita economica. O meglio, gli interessi immediati di Confindustria.
Intervenuta ieri alla conferenza dell'associazione degli industriali italiani, la Presidente del Consiglio si è impegnata a modificare il Green Deal europeo, criticandone l’"approccio ideologico" e avvertendo che le politiche "ambientaliste" rischierebbero di portare a una dannosa deindustrializzazione.
"La decarbonizzazione al prezzo della deindustrializzazione è una disfatta", ha detto la leader italiana, secondo cui il Green Deal europeo – ovvero l'insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione UE con l'obiettivo di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050 – ha portato a "risultati disastrosi" a causa del suo "approccio ideologico". La transizione ecologica, dunque, non può andare "a scapito della competitività e della crescita", ha aggiunto Meloni. Dichiarazioni che pesano come macigni e che rischiano di rallentare la già complessa transizione ecologica, secondo gli scienziati di tutto il mondo sempre più urgente per affrontare le future sfide del cambiamento climatico di origine antropica.
"Sono allibito", commenta a Fanpage.it Luca Mercalli. "La scienza non è ideologica, ed è particolarmente inquietante che la retromarcia sul Green Deal venga fatta proprio quando l'Emilia Romagna è sommersa dall'acqua. Non possiamo dire alla fisica del clima: ‘Stai ferma, abbiamo bisogno di altri vent'anni per fare un piacere al presidente di Confindustria'".
Prima le inondazioni e le decine di morti in Europa centrale e orientale. Poi le alluvioni in Emilia Romagna. C'è un collegamento tra questi eventi meteo?
Quello che ha investito l'Emilia Romagna è lo stesso sistema metereologico che ha prodotto le alluvioni in Europa centro-orientale, dall'Austria alla Slovacchia, dalla Polonia all'Ungheria passando per la Romania. Tale sistema si è lentamente trasferito sull'Adriatico dando luogo alle violente piogge dell'Emilia Romagna. Si tratta della stessa depressione che i servizi meteo hanno denominato Boris, un sistema depressionario che perdura da ormai una settimana e che si sta rivelando molto lento ad evolvere; è per questo che risiede nella stessa zona da molti giorni.
E che c'entra il cambiamento climatico?
Il riscaldamento climatico c'entra, eccome. Essendo la superficie del mare più calda c'è molto più vapore acqueo a disposizione nell'atmosfera, e questo genera precipitazioni più intense rispetto al passato. È vero, le alluvioni ci sono sempre state. Ma ricordo che arriviamo dall'estate più calda della storia – quella del 2024 – e abbiamo più energia disponibile negli oceani. Tale energia genera piogge estremamente violente.
Il ciclone Boris ha investito mezza Europa, dall'Austria alla Polonia passando ovviamente per l'Italia. Si tratta di un'anomalia?
No, non c'è nulla di anomalo nell'estensione della depressione Boris. Quello che deve preoccupare invece è che a causa del cambiamento climatico la frequenza e l'intensità degli eventi meteo estremi è aumentata. Abbiamo appena finito di analizzare e commentare l'alluvione del 29 giugno sulle Alpi Occidentali che ci ritroviamo meno di tre mesi dopo con un altro evento di grandi dimensioni. Quello che in questo caso stupisce è che la Romagna è stata colpita solo 16 mesi fa da un'alluvione di pari intensità. Una volta avremmo detto che gli eventi del primo e 16 maggio 2023 avevano una portata secolare. Cioè, avremmo detto che prima di rivedere qualcosa del genere avremmo dovuto attendere 70-100 anni. Invece 16 mesi dopo siamo di nuovo qui, e questo sta a significare una cosa molto chiara a noi scienziati: che siamo di fronte a un trend che si ripete nell'atmosfera.
Mentre migliaia di cittadini dell'Emilia Romagna sono ancora con i piedi nel fango Giorgia Meloni afferma, nel corso della conferenza di Confindustria, che le politiche di decarbonizzazione europee sono dannose…
Sono allibito. La scienza non è ideologica, ed è particolarmente inquietante che la retromarcia sul Green Deal venga fatta proprio quando mezza Europa è sommersa dall'acqua, mentre si contano 25 morti e danni per miliardi di euro. Aggiungo che l'alluvione in Emilia Romagna fortunatamente non ha causato vittime, ma solo grazie alla preparazione e all'esperienza degli abitanti di quei territori, che poco più di un anno fa hanno dovuto subire un altro evento catastrofico. È incredibile che, di fronte a quello che sta accadendo, Giorgia Meloni possa dire che le politiche di decarbonizzazione sono ideologiche. È una follia.
Come se il clima potesse rispettare i desideri e le necessità degli industriali…
No, decisamente. Non possiamo dire alla fisica del clima: "Stai ferma, abbiamo bisogno di altri vent'anni per fare un piacere al presidente di Confindustria e agli interessi degli imprenditori". È il contrario: siamo noi che ci dobbiamo adeguare a leggi fisiche che nell'ultimo secolo abbiamo disturbato, e che ora procedono con i loro tempi e con le conseguenze del caso. La fisica non aspetta i nostri "comodi", le nostre velleità economiche, le manovre politiche e i giochi di palazzo per ottenere un po' di consenso in più. Insomma, la retromarcia sulla decarbonizzazione europea è gravissima perché ci fa perdere gli ultimi anni di prevenzione possibile sul cambiamento climatico. Se non si vuole credere a Luca Mercalli almeno si ascoltino il segretario generale dell'ONU Antonio Gueterres e Papa Francesco. Non certo Mario Draghi, che nel suo ultimo rapporto chiede più armi e più competitività economica. E chi se ne frega dell'ambiente…
Le dichiarazioni di alcuni leader europei rischiano, secondo lei, di trasformarsi nella pietra tombale per le politiche di decarbonizzazione?
Il rischio c'è ed è alto. Eravamo già in netto ritardo, ma questo atteggiamento da parte di alcuni leader europei demotiva tutti. Sia quelli che già avevano poco interesse a ridurre le emissioni di CO2, sia chi stava agendo positivamente e, ad esempio, aveva fatto programmi e investimenti industriali volti al rispetto dell'ambiente. Ma evidentemente c'è chi non sa pensare che per sé stesso e per le proprie tasche. E chi se ne importa delle conseguenze che subiranno i nostri figli e nipoti in futuro…