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Cambiamenti climatici

Mercalli a Fanpage: “Tre cose che farei se fossi in Draghi per rallentare il cambiamento climatico”

Il climatologo Luca Mercalli: “Le tre misure più urgenti: fermare il consumo di suolo, accelerare il ricorso alle fonti rinnovabili e fare buona informazione sul clima”.
A cura di Davide Falcioni
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"Che senso ha continuare a sostenere che la Terra è piatta quando abbiamo ormai chiarito che è tonda? Non c'è nessuna incertezza in merito, come non c'è incertezza nella comunità scientifica sul surriscaldamento globale". A due giorni dal voto al Parlamento Europeo sullo stop alla produzione di auto a gasolio e benzina dal 2035 Luca Mercalli, intervistato da Fanpage.it, ha commentato la decisione degli eurodeputati di Bruxelles e gli ostacoli che la transazione ecologica sta ancora incontrando nonostante le evidenze scientifiche, ostacoli costituiti anche dallo spazio che i mezzi d'informazione danno ai "negazionisti" del surriscaldamento globale.

Professor Mercalli, due giorni fa il Parlamento UE ha votato per lo stop alla produzione di auto a benzina e gasolio dal 2035. Perché si tratta di una scelta molto importante?

È uno dei tanti tasselli della transazione energetica che dobbiamo compiere. A dire il vero si tratta di una misura tardiva, visto che nella comunità scientifica se ne parlava già da trent'anni. Io stesso, ad esempio, ho un'auto elettrica dal 2011. In tutti questi anni abbiamo dormito e ora occorreva una decisione politica per accelerare e dare delle scadenza precise. Il mercato delle auto elettriche si sta finalmente muovendo e ciò contribuirà ad accelerare il processo. Dopodiché non illudiamoci: questa misura non sarà comunque risolutiva.

Perché?

Perché nella produzione di automobili servono dei criteri più rigorosi. Abbiamo bisogno, ad esempio, di utilitarie elettriche. Invece io vedo che i modelli in circolazione oggi tendono ad essere elitari, destinati alla fascia ricca della popolazione: giganteschi Suv, costosissimi e pesanti oltre 2 tonnellate e mezzo… La transizione con queste auto non è risolutiva. Basti pensare che con ciascuno di questi bestioni si potrebbero costruire due vetture più piccole e popolari. Poi è ora di smetterla con il paradigma della potenza: non serve a niente avere un'auto elettrica che sfreccia in tre secondi da zero a cento chilometri orari. Insomma, dobbiamo lavorare per produrre auto elettriche alla portata di tutti e smetterla di inseguire il mito del lusso e della potenza. Poi ovviamente c'è un altro tema: le batterie di queste auto devono essere caricate con energie rinnovabili.

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Lo scorso 14 luglio la Commissione UE ha adottato il pacchetto climatico "Fit for 55", una serie di proposte legislative per raggiungere entro il 2030 gli obbiettivi del Green Deal.  Secondo lei il pacchetto è adeguato alla sfida che abbiamo di fronte?

Uno dei provvedimenti del pacchetto era lo stop alle auto termiche dal 2035. Questa norma è stata approvata ed è un bene, ma nei mezzi d'informazione si è parlato poco del fallimento di molte altre proposte importanti, che sono state bocciate dai deputati europei anche a causa della pressione delle lobby industriali. Non sono passati provvedimenti sulla tassazione di chi inquina, sul costo dell'energia, sulla transizione verso le rinnovabili… Un bel pezzo del  "Fit for 55" non è stato approvato, e ciò rallenta ulteriormente il cammino verso la transazione ecologica. Si noti, inoltre, che queste difficoltà sono state riscontrate in Europa, continente dove possiamo dire di aver quantomeno avviato un serio dibattito. Figuriamoci cosa accade in Paesi come Stati Uniti e Cina…

A proposito, quale di queste due nazioni inquina di più?

Spesso si dice che il primo inquinatore è la Cina e il secondo gli Stati Uniti. Però nel primo Paese vivono un miliardo e mezzo di persone, nel secondo 350 milioni. Se andiamo a vedere le emissioni pro capite ciascun cinese produce 10 tonnellate di Co2 all'anno, come un europeo, mentre un americano ne produce 18. Sicuramente ciascuno di questi due Stati possiede una grande competenza tecnologica e sta lavorando sul tema della sostenibilità, ma entrambi hanno un'economia sprecona e ancora eccessivamente basata su petrolio e carbone. C'è poi, per gli USA, il tema dell'apparato militare, anch'esso molto impattante sul clima.

Mesi fa ci ha detto che ogni misura per limitare l’aumento delle temperature che non preveda un cambio radicale di modello di sviluppo rischia di essere solo un palliativo. Ci spiega perché?

Tutto ciò di cui abbiamo parlato rallenta lo scontro con i limiti fisici del Pianeta. Possiamo guadagnare del tempo, ma non risolvere il problema definitivamente. Dobbiamo quindi cambiare paradigma, smetterla di credere che in un mondo dalle risorse limitate la crescita economica e demografica possano essere illimitate. Queste cose le diceva già il rapporto "I limiti alla crescita" pubblicato nel 1972 dal Club di Roma e dal nostro Aurelio Peccei, che nel 1968 si chiese se il boom economico sarebbe stato sostenibile per sempre. Affidò la risposta a un gruppo di scienziati del Mit di Boston che quattro anni dopo spiegarono che sarebbe stato necessario elaborare un modello di sviluppo diverso. Quegli scienziati non vennero ascoltati. Ma tutto è andato come loro avevano previsto.

Fosse lei a decidere, quali sarebbero i tre provvedimenti che prenderebbe immediatamente, i più urgenti per fermare il surriscaldamento globale?

Se fossi al posto di Mario Draghi emanerei domani mattina stessa tre decreti: il primo per fermare il consumo di suolo, che crea problemi "a cascata" sul clima, il dissesto idrogeologico, la produzione agricola. La cementificazione va fermata e va favorito il recupero del patrimonio esistente. La seconda cosa che farei è accelerare la transizione alle energie rinnovabili: come ha detto il Premio Nobel Giorgio Parisi, vorrei vedere la gente correre sui tetti delle proprie case e installare pannelli solari. Invece sui tetti di Roma ci sono più piscine che impianti fotovoltaici. La terza cosa che farei è buona informazione: servono tonnellate di ore televisive nelle quali veri esperti – e non opinionisti senza arte né parte e spesso negazionisti – spieghino alle persone comuni cosa sta accadendo e cosa è urgente fare.

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