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Medici litigano per la sala operatoria e la bimba nasce morta, rabbia dei genitori: “Nessun colpevole”

La sentenza della Cassazione ha assolto tutti i medici imputati nel processo per la morte della bimba, avvenuta a Bari otto anni fa, e i giudici hanno riconosciuto solo la responsabilità civile. I genitori: “Ci è stata tolta la gioia più grande ma per la giustizia italiana nessuno è colpevole”
A cura di Antonio Palma
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“Ci è stata tolta la gioia più grande. Il nostro angelo non ha potuto vivere per colpa di un litigio tra medici, ma per la giustizia italiana nessuno è colpevole” è l’amaro sfogo di Marta Brandi e Onofrio Visaggio, due genitori pugliesi che otto anni fa persero la loro unica figlia morta alla nascita durante un parto cesareo all'ospedale di Venere di Bari.

La sentenza della Cassazione, infatti, ha assolto tutti gli imputati del processo, confermando le sentenze d’appello con l'assoluzione di due ginecologi, l'annullamento per prescrizione della condanna a otto mesi per un anestesista e il rinvio per l’allora primario di Chirurgia generale, come riporta il Corriere della Sera. Per la famiglia rimane solo il risarcimento in sede civile, riconosciuto dai giudici e liquidato dall’Asl, che però lascia un’amarezza terribile.

“Era la nostra unica figlia, nessuno si è preso la responsabilità di una morte che si doveva evitare” dichiarano i due genitori dopo il processo, ricordando il dolore di questi anni in cui “avremmo dovuto accompagnare Ginevra al parco, a fare sport, a giocare con le amiche. Invece, ogni fine settimana, andiamo a trovarla al cimitero”.

La tragedia risale al 2 maggio del 2016 quando la coppia arrivo all’Ospedale di Venere e i medici decisero di sottoporre la donna a cesario d’urgenza in anticipo perché la posizione della bambina nella pancia della madre era pericolosa. Secondo quanto emerse dalla ricostruzione fatta dagli investigatori, quel giorno però tutte le sale operatorie del reparto di Ostetricia erano occupate. Quando i dottori decisero di rivolgersi al vicino reparto di Chirurgia, scoppiò una lite tra medici su chi dovesse utilizzare la sala in quanto già prenotata per un altro intervento programmato.

La partoriente quindi entrò nella sala operatoria con un’ora di ritardo ma a quel punto la condizioni della piccola si erano aggravate e ai medici non rimase altro che constatare il decesso della neonata per asfissia dovuta al cordone ombelicale stretto attorno al collo.

L’indagine e il processo portarono alla condanna in primo grado per omicidio colposo per i ginecologi e l’anestesista e all’assoluzione del primario di chirurgia generale. Una sentenza ribaltata in Appello quando era arrivata l’assoluzione “per non aver commesso il fatto” e il riconoscimento della sola responsabilità civile per il primario. Una sentenza ora confermata di fatto dalla Cassazione che ha rinviato lo stesso medico di nuovo al giudice civile, per verificare un eventuale risarcimento del danno anche nei confronti dei nonni paterni della vittima.

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