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Maxi frode nel commercio dei surgelati: a processo Salvatore Vetrano e il suocero vicino a Totò Riina

Salvatore Vetrano andrà a processo: è il re dei surgelati originario di Palermo e ritenuto dagli inquirenti vicino a Cosa Nostra. Con altri indagati è accusato anche di emissione di fatture per operazioni inesistenti e omesso versamento Iva.
A cura di Giorgia Venturini
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Andrà a processo il re dei surgelati originario di Palermo e ritenuto dagli inquirenti vicino a Cosa Nostra Salvatore Vetrano. Con lui anche altri imputati. La competenze è affidata al Tribunale di Genova dove è stato deciso il rinvio a giudizio. Davanti al giudice dovranno difendersi dall'accusa, a vario titolo, di associazione per delinquere, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, emissione di fatture per operazioni inesistenti e omesso versamento Iva aggravati dalla transnazionalità. Il processo inizierà il 7 maggio.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, l'associazione operava sia in Spagna, Portogallo e Italia: l'amministratore di fatto della società era Salvatore Vetrano. Oltre a lui sul banco degli indagati saliranno anche il suocero Pietro Bruno, già noto agli investigatori per essere legato a Totò Riina. Secondo il giudice per le indagini preliminari, Pietro Bruno è stato "reggente della consorteria mafiosa di Capaci/Isola delle Femmine, organica al mandamento palermitano di San Lorenzo, già detenuto presso il carcere di Marassi".

Gli altri imputati sono la moglie di Vetrano, Anna Bruno, e l'imprenditore ittico genovese Mauro Castellani. Sebastiana Germana invece ha scelto il rito abbreviato, mentre Giuseppe Licata non andrà a processo per motivi di salute. L'unico a cui è stata contestata l'aggravante mafiosa è Vetrano. Al suocero invece è contestata la ricettazione e la mancata comunicazione della variazione patrimoniale per persona sottoposta alla sorveglianza speciale. E la somma non dichiarata è tanta: si tratta di oltre 125 mila euro in contanti e sei orologi di lusso del valore di circa 136 mila euro. Non solo, da Vetrano sarebbero arrivati circa 280 mila euro in contanti. Ma a insospettire di più i finanzieri sono stati i tre milioni di euro trovato nella casa di Licata (in provincia di Agrigento) di proprietà di Pietro Bruno.

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