Maturità 2022, il Covid tra le tototracce della prima prova: la storia in breve della pandemia
La Maturità 2022 è ormai alle porte: mercoledì 22 giugno è in programma la prima prova d'italiano, che torna dopo due anni di pandemia e che sarà uguale per tutti gli istituti e decisa a livello ministeriale. In attesa dell'apertura dei famosi plichi con i temi, impazzano in rete le tototracce. Secondo un sondaggio effettuato da Skuola.net, tra le tematiche più "previste" dai maturandi per il tema d'attualità e per il testo argomentativo c'è il Covid-19. Proprio alle origini dell'emergenza sanitaria in Italia e nel mondo e alle possibili future conseguenze, Fanpage.it ha dedicato la prima puntata del format "Lezioni di Maturità", in diretta su Facebook e YouTube, per aiutare gli studenti a fare un veloce ripasso di questo argomento.
Ci siamo fatti aiutare da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che ha risposto alle domande più frequenti sulla pandemia di Covid-19.
Dove ha avuto origine il Covid-19?
Cartabellotta ha spiegato che "le prime segnalazioni di polmoniti sospette sono arrivate da Wuhan, in Cina, da questi mercati dove non si vende solo il pesce ma anche tanti animali vivi, intorno all'autunno del 2019. Ma formalmente il primo caso identificato di polmonite atipica è datato 31 dicembre 2019 e poi successivamente tutti gli step che riguardano il Paese del Dragone sono emersi nei primi giorni del 2020. Noi come Fondazione Gimbe cominciammo un monitoraggio indipendente ma non pubblico che serviva a supportare le istituzioni. Il giorno prima che venisse identificato il primo caso di Covid in Italia, il 21 febbraio 2020, ero stato al Ministero della Salute per presentare i risultati di queste analisi".
Per quanto riguarda l'Italia, ha aggiunto l'esperto, "il primo caso è stato scoperto alle 12.30 del 21 febbraio 2020, ma analisi successive effettuate dall'Iss sulle acque reflue mostrano che il virus circolava da noi già a dicembre 2019. Anche in Italia, inoltre, a partire dalla metà di dicembre e soprattutto a gennaio in Piemonte e Lombardia ci sono state numerose segnalazioni di polmoniti anomale. Possiamo collocare, dunque, l'arrivo del virus nel nostro Paese a dicembre 2019. Di certo, nessuno avrebbe però immaginato che nel giro di 48 ore sarebbe scoppiato il finimondo anche qui. Vedevamo questa epidemia localizzata nel continente asiatico mentre in Europa nessuno pensava che stesse già circolando in maniera così massiccia".
Quali sono stati gli errori commessi durante la pandemia?
Secondo Cartabellotta, "il primo grande errore è stata l'assoluta impreparazione nei confronti della pandemia, volevamo fermare a mani nude un tsunami. Non c'erano mascherine, dispositivi di protezione, gli operatori non erano preparati, soprattutto negli ospedali dove il contagio è dilagato all'inizio. Il secondo errore lo colloco intorno all'estate del 2020: dopo le riaperture del 3 giugno, si immaginò che il virus fosse morto, non facendo tesoro di quanto successo in passato, perché le pandemie di questa entità è difficile che durino meno di alcuni anni. Così ci si risvegliò dal sonno nell'autunno del 2020, dove vado a collocare il terzo grande errore, perché in quel periodo abbiamo avuto l'ondata più lunga, durata fino a marzo 2021, quando abbiamo pagato un grande tributo a livello di numeri di decessi. La politica non capì cosa stava succedendo, si fecero 4 Dpcm nel giro di 3 settimane ognuno dei quali introduceva misure talmente blande che non riuscivano ad assorbire questa crescita esponenziale della curva epidemiologica. Quando arrivò il sistema a colori delle Regioni, il 3 novembre 2020, era troppo tardi, il Paese era già in preda alla violenta seconda ondata. Ne aggiungerei un quarto di errore, avvenuto quando è stata sottovalutata l'ondata Omicron a dicembre 2021, che ha messo in difficoltà ancora una volta il sistema ospedaliero nonostante le coperture vaccinali".
Lockdown e mascherine sono serviti?
"Una pandemia va combattuta sempre con una molteplicità di strumenti – ha risposto Cartabellotta alla nostra domanda -, dal lockdown, insieme allo smart working, alla chiusura delle scuole, fino ai vaccini, ai farmaci antivirali e alle mascherine. Nel momento in cui si allenta uno di questi strumenti è chiaro che possono esserci delle ondate successive. Oggi parlare di lockdown significa parlare del passato, però in quel momento storico, con i pronto soccorsi che erano pieni, l'unica possibilità era quella di limitare i contatti sociali, come avevano fatto anche in Cina. In quel periodo raggiungemmo i 4mila posti letto occupati in terapia intensiva, con ritardi anche per tante altre patologie che ha portato ad un eccesso di mortalità. Il lockdown ci ha permesso di portare a fine luglio quel numero di posti in TI a 50″.
Per quanto riguarda le mascherine, "all'inizio si diceva che servissero solo ai sintomatici, ma questo perché non si conosceva ancora la capacità di infettare degli asintomatici, che invece trasmettono il virus non solo con le goccioline ma anche con fenomeno di aerosol che fa sì che anche il distanziamento non abbia ragion d'essere. Omicron ha cambiato tutto anche con questo dispositivo di protezione: si è capito che con una variante così contagiosa non servivano a niente le mascherine di comunità ma solo le Ffp2, con le quali siamo andati verso un potenziamento della protezione individuale. La scienza procede per passi ma non sempre le sue indicazioni vengono utilizzate in maniera congrua e con le adeguate tempistiche".
I vaccini hanno funzionato?
"I vaccini a mRna, cioè Pfizer e Moderna, sono quelli più sicuri e gli unici che vengano al momento utilizzati in Italia – ha commentato il presidente della Fondazione Gimbe -. Con il tempo si è capito che, tuttavia, danno una minore protezione nei confronti dell'infezione. Sin da subito si è notato che la protezione massima nei primi mesi dopo la somministrazione non superava il 70% e quando è arrivata la variante Omicron la percentuale è precipitata al 30% con le sole due dosi, tanto che oggi tutte le valutazione sull'efficacia vaccinale, con Omicron predominante, devono sempre tenere conto di 3 dosi di vaccino. Resta però alta l'efficacia contro la malattia grave, oltre il 95%, soprattutto per gli anziani, anche se la sua durata non va oltre i 120 giorni e per le categorie di persone più fragili si rende necessario il booster. La quarta dose non è decollata, il che sottolinea che ci sono problemi di comunicazione e di tipo organizzativo, ma va fatta nelle categorie che sono state indicate.
Quello che al momento non sappiamo riguarda l'aggiornamento dei vaccini, di cui si parla molto oggi. Dobbiamo andare verso un vaccino sulla singola variante? È una scommessa eccessiva per l'industria. L'altra ipotesi riguarda il vaccino pan-varianti, cioè in grado di rispondere, per la sua costruzione, dal punto di vista immunitario anche a quelle che sono varianti emergenti e che ancora nessuno conosce. Ma mai per nessun virus è stato prodotto una cosa del genere".
L'evoluzione della pandemia: cosa succederà nei prossimi mesi?
Alla domanda sull'evoluzione della pandemia nei prossimi mesi, Cartabellotta ha risposto: "L'ipotesi che noi il prossimo autunno/inverno possiamo immaginarlo senza mascherine è molto difficile, perché abbiamo a che fare adesso con varianti più contagiose di quelle che conoscevamo prima. La diffusione del contagio si argina con mezzi che conosciamo, mascherine e vaccini: compenetrando insieme queste due strategie, immagino che nei prossimi mesi non ci sarà bisogno di alcuna restrizione, tenendo conto della capacità protettiva delle prime e della protezione contro la malattia grave dei secondi".