Matteo Messina Denaro, oggi udienza del processo sulle stragi: il boss rinuncia alla videoconferenza
Matteo Messina Denaro ha rinunciato a presentarsi in videoconferenza dal carcere de L'Aquila con l'aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta dove si sta svolgendo il processo in cui è imputato come mandante delle stragi di Capaci e via D'Amelio. A darne notizia il presidente della Corte d'Assise d'appello.
A tre giorni dall'arresto, il boss di Cosa Nostra avrebbe potuto apparire in videoconferenza davanti alla Corte d'appello di Caltanissetta.Quella di oggi è prima udienza di un processo dopo la cattura del padrino di Castelvetrano. Ieri il procuratore generale Antonino Patti aveva confermato all'Adnkronos che "non vi è alcun impedimento" per celebrare il dibattimento e che "è già stata predisposta la videoconferenza". Il provvedimento sulla celebrazione del processo è stato regolarmente notificato all'imputato.
Fino ad ora Matteo Messina Denaro, condannato in primo grado all'ergastolo, è stato giudicato da latitante e tutto il processo si è celebrato in sua assenza. Si divideva tra almeno due covi, il secondo dei quali è stato scoperto ieri: all'interno trovati anche diamanti e smeraldi, oltre a collane e bracciali di grande valore.
Messina Denaro ha intanto formalizzato la nomina dell'avvocato Lorenza Guttadauro, sua nipote. La decisione è stata comunicata nel corso dell'udienza nell'aula bunker del carcere di Caltanissetta. Oggi l'avvocata Guttadauro è stata sostituita dall'avvocato d'ufficio Salvatore Baglio che ha chiesto la concessione di un termine a difesa rappresentando che la notifica dell'ordinanza cautelare all'imputato e la contestuale nomina dell'avvocato di fiducia è avvenuta oggi. L'udienza è stata rinviata al 9 marzo. Predisposto il collegamento con il carcere per consentire la partecipazione all'udienza dell'imputato.
Messina Denaro avrebbe rinunciato oggi all'udienza a causa della sua prima seduta di chemioterapia a cui viene sottoposto in queste ore all'interno dell'istituto penitenziario. Al momento non c'è certezza, in virtù di questa necessità medica, su quali saranno le intenzioni del boss in merito all'eventuale sua partecipazione alle prossime udienze del processo.
Oggi l'interrogatorio a Giovanni Luppino, l'autista di Matteo Messina Denaro
Sempre in mattinata verrà interrogato nel carcere Pagliarelli di Palermo Giovanni Luppino, 59 anni, l'autista del boss Matteo Messina Denaro, arrestato con l'ex latitante lunedì. L'uomo è un commerciante di olive di Campobello di Mazara (Trapani), il luogo in cui il capo di Cosa Nostra si nascondeva e di cui ne aveva fatto residenza nella carta d'identità fasulla che rimandava ad Andrea Bonafede, l'alias che utilizzava per camuffarsi. Tre giorni fa è stato proprio Luppino ad accompagnare il boss alla clinica Maddalena per la chemioterapia. L'uomo non è parente del boss omonimo, e sarebbe un volto nuovo per gli inquirenti: è accusato di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravata dal metodo mafioso.
Il generale Angelosanto: "Chi pensa ci sia stata trattativa umilia gli investigatori"
Nel frattempo Pasquale Angelosanto, il comandante del Ros che lunedì con i suoi uomini ha arrestato il boss della mafia ricercato da trent'anni, ha tentato di spegnere tutte le voci su un presunto accordo per catturare Messina Denaro: "Chi pensa a trattative segrete o addirittura a una consegna concordata umilia gli investigatori e i magistrati che per anni hanno lavorato giorno e notte per catturare Matteo Messina Denaro".
Intervistato dal Corriere della Sera il generale dei carabinieri ha chiarito: "Sono pronto a ripetere ovunque, anche in un'aula di giustizia, quello che sto dicendo. Lo devo ai miei uomini e tutti lo dobbiamo alle vittime delle cosche". "Soltanto chi non conosce davvero la mafia può pensare a una trattativa segreta", spiega Angelosanto. "Messina Denaro in tutti questi anni ha vissuto lontano dalla sua cerchia stretta di familiari e conoscenti. Noi e la polizia abbiamo arrestato centinaia di fiancheggiatori ma abbiamo sempre avuto la certezza che utilizzassero un'attenzione maniacale negli spostamenti e negli incontri. Inoltre i nostri pedinamenti dovevano essere inevitabilmente larghi proprio per non far scattare l'allarme. E poi c'è un altro elemento che non deve essere ignorato", insiste il generale. "Io ho sempre raccomandato di non lasciare nulla di intentato, ma anche di non rischiare. Davvero si può pensare che avremmo concordato la cattura in una clinica dove c'erano decine di malati con il rischio che potesse esserci un conflitto a fuoco o comunque che qualcuno potesse essere messo in pericolo?".