Matteo Messina Denaro, gli inquirenti sulle tracce dei finanziatori: “Tenore di vita elevatissimo”
Continuano le indagini dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro. L'obiettivo degli inquirenti è quello di scoprire quante più informazioni possibile sugli anni della latitanza e su Cosa Nostra.
Al momento, gli investigatori sono sulle tracce dei finanziatori del padrino di Castelvetrano, attualmente detenuto nel carcere de L'Aquila in regime di 41 bis.
I pm che hanno coordinato l'indagine che ha portato alla sua cattura stanno cercando di capire come i soldi arrivassero a Messina Denaro che riusciva a mantenere un tenore di vita elevatissimo.
Addosso al capomafia il giorno dell'arresto sono state trovate delle carte di credito riferibili a conti correnti intestati ad alias sui quali, però, non ci sarebbero state disponibilità tali da consentirgli le spese – fino al 15mila euro al mese – abitualmente sostenute.
L'ipotesi è che le somme siano state di volta in volta consegnate al boss nel covo in cui si nascondeva, nell'appartamento in via Cb 31 a Campobello di Mazara, nel Trapanese, dove avrebbe vissuto a partire da giugno.
Le indagini si stanno concentrando al momento sulla cerchia stretta dei favoreggiatori storici e della famiglia del capomafia, che avrebbero potuto far arrivare i soldi a Messina Denaro.
La Procura sta effettuando indagini anche patrimoniali per cercare di capire se dietro i finanziamenti ci fossero attività formalmente lecite gestite da prestanome o se i soldi arrivassero dalle estorsioni e da attività illecite.
Intanto, sono state fissate a venerdì 24 febbraio, le udienze davanti al tribunale del Riesame di Palermo in cui si deciderà delle istanze di scarcerazione del medico Alfonso Tumbarello, che ha avuto in cura per oltre due anni il boss Matteo Messina Denaro durante la latitanza, e di Andrea Bonafede, cugino e omonimo del geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l’identità al capomafia: si sarebbe occupato di ritirare le prescrizioni di farmaci ed esami clinici fatte dal medico e di consegnare al medico la documentazione sanitaria che di volta in volta il boss riceveva durante le cure.