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Massimiliano, malato di sclerosi multipla, morto con suicidio assistito in Svizzera: “Vorrei farlo a casa”

Massimiliano, 44enne toscano da sei anni malato di sclerosi multipla, è morto oggi con suicidio assistito in una clinica svizzera. A darne notizia l’associazione Luca Coscioni a cui l’uomo, non più autonomo, si era rivolto.
A cura di Davide Falcioni
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Massimiliano, 44enne toscano da sei anni malato di sclerosi multipla, è morto oggi con suicidio assistito in una clinica svizzera. A darne notizia l'associazione Luca Coscioni a cui l'uomo, non più autonomo, si era rivolto e che nei giorni scorsi ne aveva rilanciato un appello.

"Sono quasi completamente paralizzato e faccio fatica anche a parlare – dichiarava il 44enne -. Da un paio di anni siccome non ce la faccio più, questo corpo è guasto, non ce la fa più così ho iniziato a documentarmi su internet su metodi di suicidio indolore [….]. E finalmente ho raggiunto il mio sogno. Peccato che non l’ho raggiunto in Italia, ma mi tocca andare all’estero. E questa è una cosa un po’ bruttina. Perché non posso farlo qui in Italia? A casa mia, anche in un ospedale, con i parenti che mi supportano. No, devo andarmene in Svizzera. Non mi sembra una cosa logica questa. E quindi sono costretto ad andarmene via, per andarmene via".

Massimiliano ha quindi raggiunto la Svizzera. Ad accompagnarlo nel paese elvetico sono state Felicetta Maltese, 71 anni, iscritta all’Associazione Luca Coscioni e attivista della campagna Eutanasia Legale, e Chiara Lalli, giornalista e bioeticista. Le due done, per questa azione di disobbedienza civile, rischiano fino a 12 anni di carcere per il reato di aiuto al suicidio. Domani entrambe andranno ad autodenunciarsi a Firenze presso la Stazione Carabinieri Santa Maria Novella alle ore 11.

Anche Marco Cappato, che in questa occasione non ha direttamente accompagnato Massimiliano, si autodenuncerà in veste di legale rappresentante dell’Associazione Soccorso Civile che ha organizzato e finanziato il viaggio di Massimiliano verso la Svizzera. Gli attivisti saranno accompagnati a Firenze da Filomena Gallo, avvocato e segretario Nazionale dell’Associazione Luca Coscioni.

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Perché Massimiliano non ha potuto ricorrere al suicidio assistito in Italia

Massimiliano aveva ripetutamente espresso il desiderio di poter morire in Italia, possibilmente a casa sua o in una struttura sanitaria: non ha potuto farlo, tuttavia, perché non era "tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale". Di conseguenza non rientrava nei casi previsti dalla sentenza 242/2019 della Consulta sul caso Cappato\Dj Fabo per l’accesso al suicidio assistito in Italia.

In Italia, proprio grazie alla disobbedienza civile di Cappato per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani e quindi grazie alla sentenza 242 della Corte Costituzionale che ha valore di legge, il suicidio assistito è possibile e legale qualora la persona malata che ne fa richiesta sia affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale; queste condizioni inoltre devono essere verificate dal SSN. Tali requisiti, tuttavia, non venivano pienamente soddisfatti per Massimiliano, che non ha potuto fare altro che rivolgersi a una clinica svizzera.

Il padre di Massimiliano: "Non ce la fa più, il corpo è suo"

Affinché il 44enne toscano potesse esaudire il suo desiderio di morire in Italia si era esposto anche suo padre in un recente appello video: "Massimiliano è cosciente della sua vita. Lui è lucido di mente. È arrivato a questo punto qui perché non ce la fa più. Non ce la fa più. È una sofferenza continua, giorno dopo giorno. È un volere suo, perché deve negare questo volere. Il corpo è suo, lo sente lui cosa soffre. E noi non possiamo dire di no. Sarebbe solo egoismo, per farlo soffrire ancora di più. Vorrei che fosse una cosa fatta in Italia".

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