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Marò, alcuni documenti indiani potrebbero scagionarli

Una svolta sul caso dei due marò Latorre e Girone potrebbe arrivare dai documenti che l’India ha depositato al Tribunale del Mare di Amburgo: i proiettili che hanno ucciso i pescatori sarebbero diversi da quelli in dotazione ai militari italiani.
A cura di Susanna Picone
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Alcuni documenti consegnati dall’India al Tribunale del Mare di Amburgo potrebbero segnare una svolta nel complicato caso dei due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Come scrive il Quotidiano Nazionale, tra di documenti consegnati all’Itlos – che com’è noto ha sospeso tutte le procedure giudiziarie – c’è la relazione dell’autopsia sui corpi dei due pescatori indiani rimasti uccisi. Autopsia dalla quale emergerebbe che i proiettili che hanno ucciso i due pescatori sarebbero diversi da quelli usati dai marò italiani. Il referto parla infatti di un'ogiva, estratta dall'anatomopatologo K.S. Sasikala dal corpo di una delle vittime, lunga 31 millimetri, con una circonferenza di 20 millimetri alla base e di 24 nella parte più larga. Proiettili dunque diversi dal calibro 5,56 Nato in dotazione ai marò, che utilizzano i fucili mitragliatori Beretta AR 70/90 e Minimi. Ma non è questo il solo elemento che secondo la ricostruzione del Quotidiano Nazionale potrebbe “scagionare” Latorre e Girone. Il QN parla anche di alcune testimonianze-fotocopie dei colleghi dei due pescatori rimasti uccisi nel febbraio del 2012. Testimonianze allegate alle carte che l'India ha depositato al Tribunale internazionale per il diritto del mare e raccolte il 30 luglio 2015.

Le testimonianze dei pescatori sopravvissuti – Il comandante del peschereccio Freddy Bosco e il marinaio Kinserian dichiarano ‘onestamente e con la massima integrità' che alle 16,30 del 15 febbraio 2012 il natante ‘finì sotto il fuoco non provocato improvviso dei marinai Massimiliano Latorre e Salvatore Girone della Enrica Lexi'. Entrambi, scrive il giornale, sbagliano nello stesso modo il nome della petroliera e aggiungono che i ‘tiri malvagi' hanno provocato la ‘tragica morte dei cari amici e colleghi Valentine, alias Jelastin, e Ajesh Binke'.  Stesse dichiarazioni, sottolinea il QN, anche da parte del terzo pescatore Michael Adimai, sentito il 4 agosto. Infine, rivela il quotidiano, “dalle carte depositate emerge anche l’ennesimo particolare incongruo” e cioè che il Gps del Saint Antony (il peschereccio indiano, ndr) non fu consegnato alla polizia appena arrivò in porto, ma otto giorni dopo insieme a un computer malridotto.

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