Marina Berlusconi: “Il caso della morte di Imane Fadil trasformato in storia di calunnie su papà”
Marina Berlusconi, figlia dell’ex presidente del Consiglio Silvio e presidente di Fininvest e Mondadori, in una lettera al Corriere della Sera ha commentato il caso di Imane Fadil, una delle testimoni delle inchieste sul caso Ruby, è morta lo scorso marzo in circostanze misteriose (per molte settimane si era parlato di avvelenamento doloso). Ieri la procura di Milano ha stabilito che Fadil la ragazza è deceduta per un’aplasia midollare: una forma di anemia in cui il midollo osseo smette di produrre globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. “Ora che l’evidenza dei fatti impone a tutti di tornare alla razionalità – scrive Marina – una riflessione relativa al modo in cui la terribile vicenda della morte di Imane Fadil è stata gestita credo sia giusto farla. Non solo su ruolo e obiettività dell’informazione, ma anche, più in generale, sulla cultura dell’allusione e della calunnia e su quanto tutto questo intossichi la vita democratica del nostro Paese”.
“Stavolta c’era di mezzo la morte di un essere umano – continua – di una ragazza dalla vita complicata che ha fatto una fine atroce. Di fronte alla quale non si sarebbe dovuto provare altro che rispetto e umana pietà. E invece il suo dramma è stato vergognosamente usato con una spregiudicatezza e un disprezzo della verità dei fatti che fanno rabbrividire”.
La figlia di Berlusconi evidenzia che la vicenda di Imane Fadil sembra un “copione scritto con diabolica abilità” portato avanti sullo sfondo di un processo Ruby, che la presidente di Fininvest definisce “costruito sul nulla”. E ricostruisce la narrazione sull’avvelenamento della ragazza.
“Una parte dell’informazione — per riflesso pavloviano certuni, per precisa scelta di strumentalizzazione altri — si attiva con grande zelo per additare il protagonista occulto: mio padre, ovviamente. Perché è vero che non c’è un reato ma solo un’ipotesi. È vero che non c’è un movente. È vero dunque che non può esserci un sospettato. E poi, l’ideologia acceca sì, ma qualunque persona sana di mente farebbe fatica a immaginare un killer assoldato ad Arcore che gira per Milano con nella valigetta sostanze capaci di annientare mezza città e tutto questo per eliminare una ragazza indifesa. È tutto vero. Però… E qui scatta il consueto, perverso meccanismo, l’escamotage infallibile che consente di lanciare, nascondendo la mano, le calunnie più inverosimili: il ‘ragionamento politico’, l’analisi del ‘contesto’, la riflessione sullo ‘scenario’. Tradotto: se di delitto si tratta, è chiaro che Silvio Berlusconi non c’entra, figurarsi. Però… una superteste a suo carico muore in quel modo ufficialmente sospetto… Però… magari qualcuno potrebbe avergli voluto fare un favore, oppure tendergli una trappola… Del resto, con le sue frequentazioni… E via a tutto l’indecente campionario di fango che ci sentiamo sciorinare da decenni, con il pretesto di una sorta di responsabilità morale tanto assurda che neppure i tribunali staliniani credo avrebbero mai avuto il coraggio di sostenere. Con assoluto sprezzo dell’intelligenza altrui, non ci si è vergognati neppure di fare un parallelo con il delitto Matteotti (il delitto Matteotti… Ma ci rendiamo conto della grottesca enormità?)”.
E quindi: "Dopo un' attesa che pareva infinita, le agenzie informano che secondo gli esami clinici Imane Fadil è morta per cause naturali. Fine del caso. Fine del mistero. Qualche sbrigativo articolo, e avanti il prossimo. Eh no, troppo facile. Certo, mio padre ha le spalle più che larghe, e di fronte a tutte le infamie con cui da 25 anni cercano di sommergerlo ha sempre reagito con un coraggio, una lucidità, una tenacia che non finiscono di sorprendere. Ma chi lo ripagherà di quel che in questa storia di consapevole follia gli è stato gettato addosso? Delle paginate sui giornali, anche stranieri, dei servizi su tg, radio, web, di quei talk show che con accanimento morboso per mesi hanno vivisezionato il caso? Qualcuno mai farà mea culpa per questi metodi da sciacalli?".
Marina Berlusconi conclude la lettera spiegando di faticare "a essere ottimista, e ne faccio ancora di più se guardo a quel che il Paese si appresta a vivere. Non mi pare di cogliere grandi sintomi di guarigione, anzi tutt'altro, da questa cultura dell' insinuare, del calunniare nascondendosi dietro un condizionale, dello sporcare in nome dei sacri principi. È una cultura malata che certa politica, certa ideologia istigano e cavalcano, senza preoccuparsi del fatto che sempre più spesso il Grande Inquisitore può in un attimo vedersi trasformato nel Grande Inquisito. Ma – quel che è ancora più grave – è una cultura che mina alle fondamenta valori come garantismo, giustizia, verità, valori su cui poggia ogni vera democrazia".