Marijuana di Stato: pronto a Firenze il primo raccolto. Sono 50 piantine
All’Istituto chimico farmaceutico militare di Firenze è tempo di festeggiamenti: 50 piante di marijuana terapeutica sono pronte a dare i propri frutti. Si tratta del primo raccolto di cannabis italiana che potrebbe donare conforto ai malati di Sla, cancro e Aids. Il Messaggero ha intervistato il generale Giocondo Santoni, a capo della Business Unit che si occupa della coltivazione della marijuana terapeutica portata avanti dallo Stato. Il prossimo step sarà verificare il raccolto: i risultati dei test saranno poi inviati al ministero della Salute, quando l’Aifa avrà fatto la sua ispezione, e se arriverà l’ok da Roma, si potrà passare dalla fase di sperimentazione a quella di produzione farmaceutica. “La marijuana così prodotta – spiega il generale Santoni – avrà un impiego medico: servirà tra l’altro a migliorare la qualità della vita dei malati di Sla, ad attenuare i dolori oncologici; la cannabis inoltre è efficace per ridurre la nausea di chi fa chemioterapia e stimola l’appetito a chi è malato di Aids”.
“Abbiamo iniziato la coltivazione il 20 marzo – dice al Messaggero il colonnello Antonio Medica, direttore dello Stabilimento di Firenze – Ci sono arrivate le talee, cioè dei rametti, dal Centro di ricerche in agricoltura di Rovigo. Oggi le piante sono alte più di un metro. Le abbiamo tagliate alla base e le teniamo ad essiccare al buio e a capo all’ingiù. Ora cominciamo con il recupero del fiore, che è la parte che ci interessa”. Il militare spiega il ciclo di coltivazione: “dalla piantagione alla fioritura, all’essiccazione, al raccolto e alla macinazione ci vogliono 3 mesi circa. Una volta macinata come il tè la cannabis viene messa in flaconcini ed è pronta per la distribuzione. Per tutto ci vorranno 4 mesi ed è per questo che stimiamo un ciclo di tre raccolti l’anno”.
L’Istituto chimico farmacologico di Firenze non è nuovo a produzioni alternative in ambito medico. 2.000 pazienti civili vengono assistiti coi cosiddetti “farmaci orfani”, cioè quei medicinali destinati a curare patologie rare, che per questo motivo non sono reperibili sul mercato e che perciò vengono fatti produrre dalla Business Unit. “Ai primi del ’900 – racconta il generale Santoni – la Farmacia centrale militare, che allora era a Torino, fu chiamata a produrre chinino per tutto il Paese. La malaria faceva 16.000 morti all’anno e si ridusse la mortalità di 4/5. E produciamo ancora potassio ioduro per rinnovare le scorte in caso di fallout radioattivo, come è accaduto per Chernobyl”.