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Maria Giovanna Giudice, la partigiana morta nel Giorno della Liberazione

Se ne è andata all’età di 110 anni, oggi 25 Aprile, giorno a lei più caro. Maria Giovanna Giudice, lei che è stata uno dei volti più importanti della Resistenza.
A cura di Biagio Chiariello
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Maria Giovanna Giudice la partigiana morta nel Giorno della Liberazione

E' scomparsa proprio alle prime luci del mattino del 25 Aprile, Giorno della Liberazione, Maria Giovanna Giudice, classe 1901, già staffetta partigiana e medaglia di bronzo al merito civile attribuita dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 16 dicembre 2008. Se ne andata al'età di 110 anni (111 li avrebbe compiuti a settembre) un donna «animata da profondi ideali di libertà e democrazia, con generosità, abnegazione e spirito di solidarietà, offrì il proprio sostegno come staffetta partigiana al servizio della 82^ Brigata Osella – Battaglione Ranzini» come riportato nelle motivazioni della medaglia.

Maria Giovanna Giudice, con la sua azione di staffetta, contribuì significativamente alla lotta di Resistenza. A Cavaglio d’Agogna, il paese dove viveva da ragazza, fu una dei primi corrieri e informatori partigiani. Insieme ai viveri e agli indumenti, portava di casa in casa le notizie sui movimenti del nemico. Un servizio pericoloso il suo, ma indispensabile, tanto da valere il riconoscimento più prestigioso.

La donna era ancora in grado di ricordare appieno quei momenti, quando lei, mondariso, decise di attivarsi direttamente nella lotta antifascista. All’inizio era suo marito Paolino Piatti a portare le informazioni, ma Maria Giovanna temeva che qualcosa potesse capitargli, come ricorda in uno dei suoi racconti:

Il mio compito era quello di fare da mangiare e lo portavo ai partigiani…nei boschi; portavo anche qualche bottiglia di vino e tutto quello che potevo mettere insieme. ….Mio marito Pavlìn, Paolo Piatti, era quello che andava a portare i “biglietti” di notte. Io avevo paura che venisse catturato dai fascisti e allora gli ho detto: “Dalli a me, dalli a me, Pavlìn”; nascondevo i biglietti nel grembiule e andavo. Siccome avevo una sorella che abitava fuori dal paese di Cavaglio, loro non pensavano che io facevo la staffetta perchè erano convinti che andavo a trovare mia sorella.

Ma col tempo i nazisti si accorsero del suo ruolo:

Ricordo che quando andavo a portare i “bigliettini” partivo dopo la mezzanotte per non essere vista; con il passare del tempo i fascisti sapevano del mio impegno, ma non sono mai riusciti a prendermi. Il loro desiderio era quello di farmela pagare, in un modo o nell’altro…

Da 28 anni Maria Giovanna viveva a Lumellogno con la nipote Valeria Zoia, che la accudiva assieme al marito Giancarlo Mancin: «Per 36 anni ho fatto la mondina – spiegò in occasione della consegna della medaglia di bronzo- e per 14 sono andata a raccogliere il riso. Così mi sono guadagnata la pensione. A ottant'anni andavo ancora nella vigna a diserbare con la pompa di 25 chili sulle spalle, oggi, invece, sono qui a fare la signora, accudita da mia nipote e suo marito».

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