Marco Nebiolo pestato a sangue per essersi fermato al semaforo a Torino: l’aggressore è un 15enne
È stato identificato l’aggressore di Marco Nebiolo a Torino: il 47enne membro del collegio edile dell’Api di Torin che venerdì scorso è stato tamponato al semaforo in corso Unità d’Italia, davanti al Museo dell’Automobile e poi picchiato da uno dei tre passeggeri di una Citroen Xsara. Si tratta di un ragazzino di 15 anni.
Nebiolo si era fermato al semaforo quando non era ancora scattato il rosso e la macchina che lo seguiva lo aveva urtato. Dall’auto erano scese tre persone, un uomo, la compagna ed il figlio di quest’ultima. Secondo la ricostruzione dei carabinieri sarebbe stato proprio quest’ultimo, appunto il quindicenne, a colpire con un pugno al volto il 47enne, mandando a sbattere con la testa per terra e provocandogli una frattura al cranio.
"Provo soltanto una tristezza infinita, mi chiedo che razza di genitori abbia e in quale degrado sia cresciuto. È una notizia che mi addolora: diciamo sempre che i giovani sono il futuro, ma se i giovani sono questi allora la situazione è davvero brutta… Non sarà facile raccontarlo ai miei tre figli, sono già abbastanza in crisi per tutto quello che stanno vivendo. Sapere che è stato un loro coetaneo ad aggredire il padre sarà davvero brutto" commenta Manuela Mareso, moglie della vittima.
Dopo gli appelli della donna, il responsabile è stato individuato grazie alla testimonianza di un passante che aveva assistito alla scena. Pare che alla guida della vettura ci fosse un 36enne, guardia giurata: sarebbe stato spettatore dell’aggressione, così come la moglie, senza alcun tentativo di fermare la sfuriata del figlio, che si era poi allontanato dopo il fatto. "È gente più sfortunata di noi, probabilmente non ha potuto studiare e vive nel brutto" sono state le parole di Nebiolo dal letto d’ospedale.
Giornalista professionista, Manuela Mareso è stata direttrice responsabile del mensile Narcomafie e ricercatrice per il progetto europeo Synthetic Drugs trafficking in Three European Cities.
La donna ha espresso il desiderio di incontrare il 15enne: "Mi piacerebbe parlargli per capire che cosa abbia nella testa e che ragionamenti faccia. È un tipo di persona su cui bisogna interrogarsi: che cosa l’ha portato a fare quella cosa? E poi mi chiedo perché i due adulti che erano sulla macchina siano rimasti a guardare, senza neanche provare a fermarlo. Il ragazzo è minorenne, ma attorno a lui c’erano degli adulti. Non risponderanno di nulla? È una situazione molto triste, non si può definire altrimenti. Non sono neanche arrabbiata, sono solo affranta perché è una situazione di degrado bassissima".