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Manuel, cacciato di casa perché gay: “Mamma, ripensaci, io voglio solo voler bene”

Fanpage.it ha conosciuto Manuel, siciliano di Monreale nel palermitano. La sua colpa? Essere gay. Dopo il coming out in famiglia i genitori gli dicono:”Ti abbiamo fatto maschio e come tale devi comportarti se ci tieni a stare nella casa di mia proprietà – dice la madre a Manuel”. A quel punto Manuel, di sera e da solo, si rifugia in un centro di accoglienza per senzatetto. Ora è in cerca di dignità, di una legge che vada a favore di chi soffre e non può tutelarsi dalle discriminazione sessuali o insulti omofobi.
A cura di Francesco Bunetto
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La storia di Manuel, ragazzo omosessuale di 40anni, siciliano di Monreale nel palermitano, è una di quelle storie che solo a sentirle fanno venire i brividi. Non si parla solo di omofobia, ma di mancanza di cultura o meglio dire ignoranza. La sua colpa è essere omosessuale. Manuel ha deciso di raccontare il suo calvario a fanpage.it Un'intera vita fatta di silenzi, di paura di essere scoperti o di essere abbandonati a causa di una società retrogada come quella siciliana e dove l'opinione della gente vale più di ogni altra cosa per non essere etichettati, derisi o addirittura emarginati. E così la paura diventa realtà. Dopo l'ennesima discussione in famiglia, Manuel comunica a i suoi genitori di essere omosessuale. La famiglia, pur essendo consapevole dell'orientamento sessuale del figlio, non la prende molto bene, anzi, la madre dice a Manuel:"Ti ho fatto maschio e come tale devi comportarti se ci tieni a stare nella casa di mia proprietà, altrimenti vai via". Ho deciso di fare la valigia – ha detto Manuel –  e di andare subito via, a testa bassa".

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Una vita da colpevole

Una vita non facile quella di Manuel, fatta di insulti, offese e discriminazioni già da quando era un bambino. Insulti nel corso della scuola media e anche a lavoro. Silenzi, paure, angosce. Il terrore di uscire allo scoperto e sentirsi un escluso, un emarginato. È così è stato per Manuel. "Sin da bambino subivo questi atti omofobi – ha detto Manuel – dove tutti mi dicevano che ero "frocio" oppure lo scrivevano sui muri. Mia madre, consapevole del mio orientamento sessuale, andava a cancellare le scritte perché si capiva che era riferito a me, vivendo in un piccolo paese che è Monreale. Ricordo – continua Manuel -che volevo giocare al pallone con altri ragazzi e mi hanno escluso perché il calcetto era il gioco dei maschi. Mi chiamavano Mimì, per il cartone animato che andava in quegli anni, e io dovevo giocare  a pallavolo perché per loro ero una femmina e mi ripetevano che ero frocio mi sono sentito escluso, definitivamente segnato. Conclude –  Io non capivo".

Manuel andava avanti, ma soffriva. Continuava a fare i conti con insulti omofobi e discriminazioni anche a lavoro. "Ho perso il lavoro a causa del covid – racconta – ero un barman, ma prima facevo l'assistente di volo, amavo il mio lavoro. Ma e a causa della mia omosessualità – continua – 15 anni fa, ho avuto due rapporti negativi da due comandanti che erano omofobi. Ero uno stagionale e non potendo fare una causa perché non c'era un vuoto normativo che tutelasse la mia persona, la mia sessualità e il mio orientamento".

Cacciato di casa. "Fai il maschio, altrimenti vai via"

Nonostante una vita consapevoli, ma con il soffocamento della verità, il terrore di essere scoperti e la paura di essere emarginati. In una comunità piccola siciliana, come Monreale, dove le case sono tante quante le chiese, pensare di essere omosessuali è ancora una colpa. Manuel è stato messo alla porta dalla sua famiglia che ancora oggi non lo cerca, non lo considera. Ha fatto coming out ma è stato messo alle strette in particolar modo dalla madre:"Fai il maschio se vuoi abitare nella casa di mia proprietà". Come se essere omosessuali non esistesse genere maschio o femmina. Manuel racconta a fanpage.it:"Per me è stato uno schiaffo, sentire queste parole da parte di mia madre., quella madre che mi ha partorito, cresciuto e voluto bene, adesso neanche mi considera. Continua – Ho deciso di non sopravvivere perché fino adesso io ero un sopravvissuto a casa mia, un superstite e allora ho deciso di fare la valigia e di andare subito via a testa bassa, di sera perché non volevo essere visto e perché mi vergognavo". Oggi penso – dice Manuel – che è normale che una madre abbia paura dei pregiudizi ma poi rifletto, penso che non c'è niente di male amare una persona dello stesso sesso, non importa chi sogniamo, chi amiamo o chi baciamo, è importante volere bene".

Ospite in un centro di accoglienza per senzatetto

Uscito di casa la sera, da solo, con pochi vestiti in quella valigia preso all'ultimo minuto dalla rabbia di voler scoppiare. Ho bussato alla porta di questo centro di accoglienza a Ballarò dove sono stato accolto per qualche mese. Ho dovuto e continuo a fare grossissimi sacrifici perché ho perso il lavoro a causa del covid e tutto ciò che io ho addosso sono abiti che mi hanno regalato e che ho trovato in questo centro di accoglienza. Potevo occupare il centro fino al 30 settembre – conclude – adesso vivo con il reddito di cittadinanza, in cerca di dignità e di quei valori affettivi ormai dispersi nel nulla.

Alla ricerca della madre:"Le voglio ancora bene"

Manuel è alla ricerca della vera madre, di quella madre che l'ha partorito, cresciuto, amato e voluto bene. "La mamma che mi ha voluto bene la sto cercando ancora perché io le voglio bene e vorrei spiegarle, vorrei dirle tante cose, vorrei parlarle con il cuore aperto e vorrei che anche le altre mamme che sono nella stessa situazione possano aprire il cuore ai figli che hanno messo alla porta solo ed esclusivamente perché sono gay".

A favore dell'approvazione della legge Zan. "#Ugual me too". 

Manuel ha lanciato un appello al presidente della Camera, Roberto Fico, perché si approvi «al più presto una legge contro l’omofobia che in occasione della Giornata internazionale contro l’omo-lesbo-bi-trans-fobia, si era espresso ampiamente a favore della legge. Fico ha così risposto all’appello del 40enne monrealese: «La storia di Manuel Croce ci ricorda che ci sono ancora dei passi da fare per una società che rispetti il modo in cui ciascuna persona si identifica, che non prescriva ruoli e non giudichi scelte. Le istituzioni devono impegnarsi in tal senso, così come ognuno di noi deve farlo nel suo quotidiano. Ed è per questo che raccolgo l’appello che Manuel mi ha rivolto: una legge contro l’omofobia è uno strumento normativo di cui abbiamo bisogno».

Riscontro anche da parte di Alessandro Zan, relatore del testo unificato di legge in materia di prevenzione e contrasto alle violenze e discriminazioni per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere, che ha scritto su Facebook: «Le parole del presidente della Camera Roberto Fico per la legge contro l’omotransfobia e la misoginia sono davvero importanti. Ora diamo immediatamente seguito a questo impegno delle istituzioni e approviamo la legge alla Camera in ottobre e poi rapidamente in Senato».

Manuel ha fondato uno slogan "#Ugual me too" per la lotta ai diritti della comunità Lgbt e per la legge Zan." In questo momento non mi sento uguale agli altri – ha detto Manuel – perché non ho gli stessi diritti degli altri. Quanti Manuel ancora ci devono essere che devono subire questi atti, discriminazioni sessuali? Ma attenzione, non è bullismo, sono veri e propri atti discriminatori. Abbiamo bisogno che il parlamento si unisca  e che il presidente della Camera Roberto Fico ancora forzi e sproni tutti i parlamentari affinché ci sia la volontà comune da entrambi i lati del parlamento, anche al Senato, affinché si velocizzi per la stesura finale e l'approvazione definitiva della legge Zan. Conclude – Anch'io voglio essere uguale agli altri, anch'io voglio gli stessi diritti, anch'io voglio che il mio Stato mi difenda da insulti omofobi o da discriminazioni sessuali. È  importante: ugual me too".

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