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Mangia salmone affumicato, finisce in coma e non ottiene il risarcimento: il dramma di una 63enne di Bologna

Una donna di 63 anni, dopo aver mangiato salmone affumicato contaminato da Listeria, è finita in coma per due mesi, riportando polmonite, trombosi e problemi cardiaci. Nonostante l’invalidità riconosciuta e le prove della contaminazione, l’assicurazione della società importatrice rifiuta il risarcimento.
A cura di Davide Falcioni
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Talvolta la vita riserva brutte sorprese, ma quando al danno si aggiunge la beffa, il peso diventa quasi insostenibile. È ciò che sta vivendo una 63enne di Bologna, la cui esistenza è stata sconvolta da un semplice gesto quotidiano: mangiare del salmone affumicato. Una scelta banale, che si è trasformata in un incubo lungo mesi, tra ospedali, coma e conseguenze permanenti. La donna ha avuto polmonite bilaterale, crisi epilettiche, trombosi e problemi cardiaci. E ora, a completare il quadro, il rifiuto dell’assicurazione a risarcirla.

La vicenda, riportata da Il Resto del Carlino, risale al luglio 2023, quando la donna acquista in un supermercato del Bolognese del salmone affumicato sottovuoto. Lo consuma senza sospetti, ma il giorno dopo inizia a sentirsi male. Viene ricoverata d’urgenza al Sant’Orsola di Bologna, dove rimane per due mesi, affrontando un calvario che l’ha portata al coma e le ha causato gravi sintomi. La diagnosi è chiara: intossicazione da Listeria monocytogenes, un batterio spesso associato a cibi contaminati.

La listeriosi, come ricorda l’Istituto Superiore di Sanità, è un’infezione grave, soprattutto per soggetti fragili, e può portare a conseguenze permanenti. Per la donna, infatti, la vita non è più la stessa. Uscita dall’ospedale in carrozzina, ha visto riconosciuta un’invalidità iniziale del 100%, poi ridotta al 35%. “Non posso correre, faccio fatica a camminare e a volte a respirare”, racconta. “Spesso non mi ricordo alcune parole, non riesco a salire gradini troppo alti. Per prendere l’autobus devo partire con largo anticipo. La mia vita è stata stravolta”.

Le indagini hanno confermato che il salmone acquistato dalla donna era contaminato. L’Ausl di Bologna, durante un sopralluogo a casa della 63enne, ha trovato il batterio della Listeria in due delle quattro confezioni ancora sigillate. La concentrazione era di 3 milioni di unità per grammo, una quantità definita “esageratamente alta” e “fortemente nociva” nella querela presentata dalla donna. Il salmone, inoltre, era stato correttamente conservato in frigorifero e consumato entro la data di scadenza.

Nonostante le evidenze, la società importatrice del prodotto non ha ancora risarcito la donna. “È vergognoso”, denuncia. “Dovrebbero ricoprirmi d’oro, anche per le spese sostenute tra medicine e fisioterapia”. Intanto, la procura sta procedendo contro il legale rappresentante della società, con l’accusa di lesioni colpose gravi e commercio di sostanze alimentari nocive. L’udienza preliminare è attesa nelle prossime settimane.

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