Vogliamo davvero scatenare una guerra generazionale nell’Italia devastata dall’epidemia di Coroanvirus? Vogliamo davvero dire agli anziani con più di settant’anni di starsene a casa fino a marzo, perché l’Italia non può permettersi un secondo lockdown per tutelarli? Vogliamo davvero dire ai bambini che se loro perdono mesi di scuola e i loro genitori perdono il lavoro la colpa è dei loro nonni e della loro stramaledetta fragilità?
Facciamolo, prego. Diamo retta a Giovanni Toti e ai governatori del Nord e costruiamo una risposta sanitaria contro il virus che nessun Paese ha adottato – chissà poi perché -, in spregio a ogni evidenza scientifica, a partire dai rapporti settimanali dell’Istituto Superiori di Sanità, fondati sulla sola tetragona e dogmatica convinzione che le scuole non debbano chiudere di nuovo e che le imprese debbano andare avanti a produrre, nel nome del futuro del Paese.
Tutto legittimo, per carità. Ma forse, anziché prendercela con gli anziani, e scaricare su di loro il fardello dell’emergenza economica e sociale in arrivo, dovremmo cambiare bersaglio. Perché mentre tutti parliamo di chi deve o non deve chiudersi in casa, cercando di trasformare un provvedimento di salute pubblica in uno strumento di giustizia generazionale, nessuno si preoccupa di metter sul tavolo la vera questione sistematicamente elusa di questa emergenza: chi deve pagarlo, il lockdown?
Perché, quello sì, oggi lo stanno pagando tutto i giovani, i precari, le donne senza che nessuno, né Toti né nessun altro governatore, faccia un plissé. In otto parole, la stanno pagando i poveri di questo Paese.
Lo pagano i giovani, perché li stiamo indebitando a vita per pagare la cassa integrazione sine die a imprese che nel 30% dei casi non hanno avuto un calo di fatturato durante il primo lockdown. E lo pagano ancora di più le donne, che rappresentano più della metà delle persone che hanno perso lavoro durante la pandemia, nel Paese fanalino di coda in Europa per occupazione femminile.
Ancora: la stanno pagando i contribuenti onesti, perché il governo ha deciso lo stop alle cartelle esattoriali per tutto il 2020, come minimo, mentre nessuno sta verificando che le imprese che ricevono aiuti siano effettivamente realtà che dichiarano tutto quel che hanno guadagnato negli anni precedenti.
Andiamo avanti: la stanno pagando i precari – o comunque tutti quelli che non hanno un contratto a tempo indeterminato – che non possono beneficiare del blocco dei licenziamenti e della cassa integrazione, né tantomeno della moratoria sulle rate del mutuo, visto che difficilmente le banche accordano un mutuo con un co.co.pro o una partita Iva in regime di monocommittenza. Lo stanno pagando avendo ricevuto in cambio un paio di bonus da 600 euro nel giro di sei mesi, fonte cui si sono abbeverati pure grandi architetti e principi del foro, che già che c’erano hanno fatto dichiarare il falso ai loro “finti” dipendenti, per stornargli 600 euro dalle fatture.
Lo stanno pagando i poveri di oggi e di domani, semplicemente, perché ai ricchi di oggi, quelli che hanno patrimoni per poter sopravvivere serenamente a quattro o cinque lockdown, nessuno ha chiesto nulla. Non un contributo di solidarietà, neanche un assaggio di imposta patrimoniale. Cosa che in fondo, nel nome della salvezza presente e futura del Paese, sarebbe stato più che doveroso.
E invece no, niente. Noi qui ad accapigliarsi se gli anziani debbano o meno autoesiliarsi per la Patria, mentre chi ha patrimoni a tanti zeri dorme tra due guanciali, chi non paga le tasse continua a non pagarle, chi ricevi sussidi per la sua impresa senza averne diritto strilla a giorni alterni contro l’Italia assistenzialista, chi ha il lavoro e lo stipendio garantito scuote la testa di fronte alle proteste di chi se si chiude non mette assieme pranzo e cena. E chi fa profitti in Italia e paga le tasse in Olanda continua a farlo, ricevendo in cambio garanzie sui prestiti dallo Stato italiano.
Se lockdown deve essere, se di nuovo è l’unica possibile risposta a un’emergenza sanitaria evidentemente mal gestita, che sia: le vite delle persone, giovani e anziane che siano, vengono prima di tutto. Ma se lockdown dev’essere, stavolta, lo paghi chi ha più soldi e più garanzie, non chi ne ha di meno. Giovani o anziani che siano.