Mancano 10 giorni all’avvio della Fase 2, ma la diffusione dei contagi non si è ancora stabilizzata
L'avvio della Fase 2 è sempre più vicino: mancano esattamente dieci giorni al 4 maggio, la data in cui il governo dovrebbe cominciare a riaprire il Paese. Ma i numeri continuano a imporre la massima prudenza: a lanciare l'avvertimento è la fondazione Gimbe, un think tank che si occupa di ricerca in ambito sanitario. Il contenimento del contagio non starebbe funzionando a dovere e la diffusione del coronavirus non si sarebbe stabilizzata: due criteri giudicati fondamentali dalla Commissione europea per il termine del lockdown. "I numeri invitano alla massima cautela, sia perché alcune Regioni e numerose province sono ancora in piena Fase 1, sia perché gli eventuali effetti negativi delle riaperture si vedranno solo dopo 2-3 settimane", sottolinea Gimbe.
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, pronunciando la sua informativa in Parlamento, ha rimarcato come la riapertura dovrà avere un'impronta nazionale, per cui le regole della Fase 2 dovranno essere uguali in tutta Italia. Non solo: Conte ha anche assicurato che a partire dal 4 maggio la curva dei contagi rimarrà sotto controllo e sarà sempre analizzata e commisurata alla capacità delle strutture ospedaliere. Ma il dottor Nino Cartabellotta, presidente della fondazione, avvete: "Il nostro monitoraggio sulle variazioni settimanali documenta un trend in ulteriore miglioramento sul versante ospedaliero, in particolare sulle terapie intensive, ma non ancora sul numero di contagi e decessi".
Calcolando un periodo settimanale che va dal 15 al 22 aprile, si noterà come si siano registrati 22.175 casi in più. Inoltre, in sette giorni, i morti per coronavirus sono stati 3.340. Sono numeri ancora molto elevati, che rendono necessaria la cautela in materia di riapertura. I dati positivi tuttavia ci sono, e riguardando i ricoveri nelle strutture ospedaliere. Nell'ultima settimana esaminata, infatti, le persone ricoverate con sintomi sono state 3.838 in meno. In particolare, nelle terapie intensive sono 695 i letti in meno occupati.
"Se il parametro per la, seppur graduale, riapertura è il decongestionamento di ospedali e terapie intensive siamo quasi pronti; ma se non vogliamo rischiare una nuova impennata dei casi i numeri impongono la massima prudenza", sottolinea Cartabellotta. La fondazione Gimbe quindi conclude ricordando che la Commissione Ue, fornendo agli Stati membri alcuni criteri da considerare prima di avviare la Fase 2, ha definito fondamentale ridurre e stabilizzare i nuovi casi per un periodo di tempo prolungato: "A 10 giorni dall’avvio della Fase 2 il numero dei nuovi casi in Italia rimane elevato e non ha affatto raggiunto nessuna stabilizzazione prolungata".