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Covid 19

Mamma di 7 figli si laurea 3 giorni dopo la morte del marito per coronavirus: “Gliel’avevo promesso”

Cinzia Trevisan, madre di sette figli, aveva promesso al marito che si sarebbe laureata e dopo la sua morte, avvenuta tre giorni fa e causata dal coronavirus, ha discusso la sua tesi su Lutero. “A mio marito, che ha creduto in questo progetto prima di me”, la toccante dedica.
A cura di Davide Falcioni
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Ogni promessa è un debito, specialmente se quella promessa è stata fatta a una persona che non c'è più. Cinzia Trevisan, madre di sette figli, aveva promesso al marito che si sarebbe laureata e dopo la sua morte, avvenuta tre giorni fa e causata dal coronavirus, ha discusso la sua tesi su Lutero e si è laureata in lingue straniere. "A mio marito, che ha creduto in questo progetto prima di me", la toccante dedica.

Cinzia ha raccontato la sua storia sul sito dell'associazione Famiglie Numerose: "Ho 51 anni e sette figli. Racconto brevemente la mia vita a partire dal 1993, anno del mio matrimonio con Giancarlo, lo sposo con cui ho condiviso tutte le mie giornate negli ultimi 26 anni. L’uomo che ha visto la parte migliore ed anche quella peggiore di me, con cui ho condiviso i pasti, le vacanze, vicino al quale mi sono addormentata sul divano, o meglio ci siamo addormentati entrambi. L’uomo che è entrato in sala parto quando sono nati i nostri figli, che ha fatto il mutuo per la casa e lo stava pagando con il suo lavoro, tutti i giorni di quasi tutto l’anno, nella lavanderia che era stata di suo padre e, prima ancora, di suo nonno". La donna aggiunge: "Abbiamo fatto un breve viaggio di nozze in Umbria, ripromettendoci di farne uno come si deve non appena avessimo potuto, opportunità che non si è mai presentata. Ma non importa, la nostra vita è stata molto felice".

Quella vita felice si è però imbattuta con il coronavirus. Giancarlo infatti si è ammalato alla fine di febbraio; all'inizio sembrava una normalissima influenza stagionale, con febbre alta e tosse, ma quando i medici hanno notato che l'uomo non guariva l'hanno sottoposto al tampone, in un primo momento negato: "Dopo dodici giorni di malattia, di notte, mio marito si è aggravato. Ho chiamato l’ambulanza, finalmente lo hanno portato in ospedale dove, dopo altri dodici giorni esatti, è morto. Ho visto per l’ultima volta Giancarlo il 10 marzo, giorno del compleanno suo e di nostra figlia Miriam. Lui compiva 53 anni, lei 23", scrive. "Abbiamo pranzato insieme e spento le rispettive candeline su una torta al cioccolato preparata in casa. Nella notte, i miei figli hanno sicuramente sentito il trambusto degli operatori sanitari in casa nostra, ed hanno avuto paura. Samuele si è alzato, ha visto, e con coraggio ha aiutato i due giovani operatori a trasportare il padre incosciente dalle scale della nostra abitazione all’ambulanza, operazione difficoltosa perché la barella non passava per l’ingresso stretto di casa nostra", si legge ancora.

E infine: "Abbiamo pregato nei giorni in cui lui era in ospedale. Posso dire di non aver mai pregato tanto in vita mia. Non desideravo altro che il ritorno di mio marito, l’uomo con cui ho spesso litigato, di cui sapevo i punti deboli, a cui rinfacciavo i difetti. L’uomo che non smetterò mai di amare. Non ho una spiegazione logica per quello che è successo, e dopotutto non mi viene richiesto di averla. Posso solo dire che con lui ho condiviso un cammino di fede e quella stessa fede lui la trasmetteva ai nostri figli. Sono sicura del fatto che sia vivo in Cielo, ma il dolore della ferita è lacerante. Brucia come il sale su un taglio profondo".

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