Malika Chalhy, concluse le indagini sui genitori: si ipotizza il reato di violenza privata
La procura di Firenze ha chiuso le indagini a carico dei genitori di Malika Chalhy, la giovane di Castelfiorentino che aveva denunciato di essere stata cacciata di casa dai parenti perché lesbica, innescando una vasta campagna di solidarietà che poi ha avuto un seguito inatteso quando alla stessa giovane molti hanno contestato acquisti superflui con i soldi che le erano stati donati per rifarsi una vita, come una auto Mercedes e un cane di razza. Proprio mentre l'eco di quelle critiche anche feroci si va spegnendo, infatti, il procedimento giudiziario innescato dalla sua denuncia formale alle autorità ha compiuto un altro passo importante. I pm fiorentini nei giorni scorsi hanno fatto notificare ai genitori della ragazza un avviso di conclusione delle indagini e ora il padre e la madre di Malika Chalhy rischiano il processo.
Anche se sarà il giudice a decidere se sussistano gli elementi per portare a processo i due coniugi e in caso affermativo poi sarà un altro giudice a stabilire se siano colpevoli, la procura del capoluogo toscano dà credito al racconto della 22enne e, ricostruendo la vicenda, ha ipotizzato per i suoi genitori i reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e violenza privata. L'inchiesta, aperta in seguito alla denuncia presentata dalla giovane e coordinata dal pubblico ministero della Procura di Firenze Giovanni Solinas, si basa sui presunti comportamenti che i genitori di Malika Chalhy avrebbero avuto nei suoi confronti dopo aver scoperto che era lesbica. In particolare sulle minacce e il cambio della serratura della porta di casa che, secondo la giovane, sarebbe servito a impedirle di entrare nell'abitazione di famiglia e di poter recuperare le sue cose.
Tutto era iniziato nel gennaio scorso quando la ragazza ha aveva informato i suoi genitori di essere lesbica e di essersi innamorata di una ragazza. A questo punto sarebbe arrivata da parte dei genitori una condanna senza appello. "Mi hanno augurato un tumore, mi hanno detto che faccio schifo, che preferiscono una figlia drogata che lesbica e poi mi hanno cacciata di casa, cambiando la serratura della porta. Non ho nemmeno fatto in tempo a recuperare i miei vestiti e i miei effetti personali. Ho perso tutto, ma non mi pento di aver detto chi sono” aveva raccontato la ragazza facendo sentire una sfilza di messaggi vocali inviati su WhatsApp da sua madre in seguito al coming-out: "Sei uno schifo, lesbica, se ti vedo t'ammazzo. Non mi portare a casa quella p*****a perché le taglio la gola, sei la rovina della nostra famiglia". E ancora: "Ti auguro un tumore, sei la rovina della famiglia, meglio una figlia drogata che lesbica". Quando Malika ha provato a tornare in casa per riprendersi le sue cose le sarebbe stato impedito, da qui la scelta di rivolgersi ai carabinieri e presentare la denuncia che ha fatto poi scattare l’inchiesta.