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“Malata di cancro, ogni mese ricevo farmaci da 8000 euro per curarmi: mi sento fortunata a vivere in Italia”

Fanpage.it riceve e pubblica la lettera di una donna malata di cancro: “La rabbia e lo sconvolgimento iniziale hanno lasciato spazio a un sentimento di gratitudine verso la vita e soprattutto, mi sento fortunata ad essere nata in un paese come l’Italia in cui resiste, nonostante tutto, un sistema sanitario nazionale che permette a tutti di poter avere accesso a cure di per sé costosissime”.
A cura di Redazione
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Fanpage.it riceve e pubblica la lettera di una donna, oggi 40enne, che il 14 gennaio del 2021 ha ricevuto la diagnosi di tumore al seno. Racconta dell’intervento chirurgico, della chemioterapia, e di quando, a ridosso del suo trentanovesimo compleanno, ha potuto suonare la “campanella del buon augurio”. Ma non è ancora guarita e ad oggi assume un farmaco costosissimo: “La prima volta che presi in mano la scatola di questo farmaco, salvavita, rimasi di stucco: 7524,01€, più del valore dell’auto che uso per recarmi in ospedale. 7524,01€ ogni mese, solo per me, ai quali si aggiungono i farmaci della terapia ormonale (380€ al mese). Quasi 8000€ al mese solo di farmaci i quali, nonostante gli effetti collaterali debilitanti, mi hanno permesso di festeggiare i miei 40 anni e vedere i miei figli avvicinarsi all’adolescenza e sperare di poter guardare un po’ più in là”.

La lettera a Fanpage.it

Sembra che non abbia mai vissuto una vita diversa da questa, come se non fossi stata mai sana, come se non fossi mai stata una persona “normale”, e invece sono trascorsi solo tre anni da quando sono passata dalla “normale” vita di donna trentottenne sposata e con figli piccoli, con un lavoretto trovato da poco meno di un anno e che iniziava a darmi piccole soddisfazioni, a dover attraversare i corridoi di un reparto di oncologia per affrontare il primo di 16 cicli della tanto temuta chemioterapia.

Il giorno in cui ricevetti la diagnosi di tumore al seno (14 gennaio 2021, non lo scorderò mai) è stato l’inizio di un vortice che ha risucchiato la mia vita catapultandomi in una dimensione del tutto sconosciuta che ho sempre guardato da lontano con diffidenza e timore, perché “ma dai: non bevo, non fumo, conduco una vita sanissima, faccio sport e ho allattato al seno per tanto tempo come OMS comanda, A ME non potrà succedere mai”, e invece il destino ha scelto per me un altro percorso…

Dopo l’intervento di mastectomia bilaterale, ho cominciato le sedici sedute di chemioterapia rossa e bianca e, a ridosso del mio trentanovesimo compleanno (a dicembre), ho potuto suonare la “campanella del buon augurio”. Per chi non lo sapesse, fuori dalla porta di ogni sala in cui i pazienti vengono sottoposti a chemioterapia è posta una campanella che ogni paziente, al termine del ciclo di chemioterapia, può far suonare in segno di gioia nella speranza di non dover varcare più quella soglia.

Evidentemente avrò suonato quella campanella poco energicamente perché nel gennaio 2022, al primo follow up, la TAC ha evidenziato la presenza di plurime micrometatasi ossee dalla mandibola in giù.

Non era bastata la mutilazione del mio seno, la perdita di capelli, della mia femminilità e fertilità, il gonfiore, il colorito grigiastro, la stanchezza e la nausea, gli aghi, i buchi nelle braccia, l’aumento abnorme di peso, il linfedema al braccio causato dalla mastectomia… Cosa voleva ancora questa malattia da me?

Dopo lo sconforto iniziale, mi è toccato nuovamente varcare la soglia di quel reparto senza sapere cosa mi aspettasse: sono stata nuovamente presa in carico dall’equipe oncologica che mi aveva curata nell’ultimo anno proponendomi un farmaco chemioterapico su base biologica che, nei confronti delle metastasi ossee da tumore al seno sembrava dare risultati positivi.

Da allora, mensilmente, assumo questa chemio “in pillole” per ventuno giorni consecutivi, e fino ad ora quelle metastasi sono ferme sempre lì e io, tra alti e bassi, “mordo” e mi godo la vita a pezzetti, perché oggi è così, domani non si sa.

Sembrerà strano, ma la rabbia e lo sconvolgimento iniziale hanno lasciato spazio a un sentimento di gratitudine verso la vita e soprattutto, mi sento fortunata ad essere nata in un paese come l’Italia in cui resiste, nonostante tutto, un sistema sanitario nazionale che permette a tutti di poter avere accesso a cure di per sé costosissime.

La prima volta che presi in mano la scatola di questo farmaco, salvavita, rimasi di stucco: 7524,01€, più del valore dell’auto che uso per recarmi in ospedale.

7524,01€ ogni mese, solo per me, ai quali si aggiungono i farmaci della terapia ormonale (380€ al mese). Quasi 8000€ al mese solo di farmaci i quali, nonostante gli effetti collaterali debilitanti (è orale, non causa la perdita di capelli, ma sempre farmaco chemioterapico è) mi hanno permesso di festeggiare i miei 40 anni e vedere i miei figli avvicinarsi all’adolescenza e sperare di poter guardare un po’ più in là.

Quando si sta dalla parte “sana” della barricata spesso si guarda solo ai difetti di un SSN come il nostro, ma mai al fatto che esso, così come è stato pensato in origine, permetta a tutti i cittadini, indipendentemente dal loro status economico, sociale e culturale di potersi dedicare alla cura e alla guarigione, senza dover pensare a come doversi procacciare i soldi per poter pagare quelle cure.

Riflettiamo su questo quando ci rechiamo alle urne per votare, uniamoci alle proteste e sosteniamo i medici di base, i medici ospedalieri, gli infermieri per il miglioramento del SSN e non per il suo disfacimento, perché siamo tutti sotto lo stesso cielo, la malattia non guarda in faccia nessuno e la salute non è un bene su cui non può speculare.

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