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Maglietta Auschwitzland: “Ho sbagliato ma ora minacciano me e la mia famiglia”

“Una leggerezza dovuta allo stress. Non intendevo negare l’Olocausto” ha dichiarato Selene Ticchi la militante di Forza Nuova balzata agli onori della cronaca per aver indossato la maglietta con la scritta “Auschwitzland” durate raduno per l’anniversario della Marcia su Roma. “Non ho commesso il reato di apologia del fascismo, i problemi dell’Italia son altri” ha tenuto però a precisare.
A cura di Antonio Palma
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"Ho sbagliato, è stato un errore, una leggerezza dovuta allo stress ma ora minacciano me e la mia famiglia", è quanto ha dichiarato Selene Ticchi D'Urso, la militante di Forza Nuova balzata agli onori della cronaca  per aver indossato la maglietta con la scritta "Auschwitzland" il 28 ottobre scorso a Predappio, durante la celebrazione dell'anniversario della Marcia su Roma. "Non mi aspettavo un riscontro mediatico di questo tipo. Mi sono sentita un bersaglio", ha spiegato la donna in una intervista all'Agi, aggiungendo: "Per ora non ho risposto ad insulti e minacce, però, sono arrivata al limite. Sono state minacciate mia madre, mia sorella e anche mia figlia ". Nonostante sia stata sospesa a tempo indeterminato dal suo stesso movimento, Selene Ticchi però si dice sicura di non aver commesso alcun reato e  difende ancora un volta il suo gesto come legittimo.

"Io continuo a camminare a testa alta e andrò avanti nell'attività politica. Non ho commesso il reato di apologia del fascismo, su questo sono più che tranquilla" ha sottolineato infatti la dona in riferimento a una denuncia-querela presentata alla Procura di Forlì dall'Anpi e alla querela del Museo di Auschwitz. "Nessuno ha ricostituito il partito fascista. Poi, come recita l'articolo 21 della Costituzione, c'è libertà di pensiero, parole e opinioni" ha ricordato Selene Ticchi, aggiungendo: "C'è una sentenza della Cassazione di febbraio che ha sancito determinati comportamenti che definiscono il reato di apologia del fascismo. Comportamenti che io non ho avuto perché non ho fatto il saluto romano con il manganello, e non ho cantato ‘All'armi siam fascisti', l'unica canzone compresa dalla Cassazione nell'apologia del fascismo".

"La maglietta mi è stata regalata. Non intendevo negare l'Olocausto. Io ho fatto un errore e ho sbagliato a metterla, sicuramente non lo rifarei ma a Predappio e altrove si sono viste magliette ben peggiori della mia, che io mai mi permetterei di comprare, e nessuno ha detto niente" ha tenuto a precisare la donna, assicurando: "Non mi sono mai permessa di attaccare l'etnia ebraica". "A tutto bisogna dare la giusta dimensione. I problemi dell'Italia sono i ponti che crollano, è il fatto di non arrivare a fine mese, gli sfratti, o non riuscire a sfamare i propri figli. Non la mia maglietta. Secondo me i pm archivieranno la denuncia. In caso contrario sono ben contenta di fare il processo ma se poi verrò assolta mi pagheranno i danni" ha concluso.

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