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Mafia, sequestro da 17 milioni di euro all’editore Ciancio Sanfilippo

Duro colpo per l’editore Mario Ciancio Sanfilippo a cui sono stati sequestrati titoli e azioni (depositati in Svizzera) per un valore di circa 12 milioni di euro oltre che la somma in contanti di 5 milioni. Secondo la Procura di Catania avrebbe “apportato un contributo causale a cosa nostra catanese”.
A cura di Fabio Giuffrida
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AGGIORNAMENTO 22 DICEMBRE – Il Gup di Catania ha disposto il non luogo a procedere nei confronti dell'editore e direttore de "La Sicilia" Mario Ciancio Sanfilippo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo il Gup il fatto non costituisce reato.

Duro colpo per l'editore catanese Mario Ciancio Sanfilippo a cui il Tribunale di Prevenzione di Catania, in accoglimento della richiesta presentata dalla Procura Distrettuale della Repubblica, ha disposto il sequestro del presunto "tesoretto svizzero". Nello specifico si tratta di un rapporto bancario che l'editore avrebbe intrattenuto – per il tramite di una società fiduciaria del Lichtenstein – in un istituto di credito con sede in Svizzera in cui sarebbero stati depositati titoli e azioni per un valore totale di circa 12 milioni di euro. E non è finita qui: è stata sequestrata anche la somma in contanti di circa 5 milioni di euro depositata presso una filiale di una banca etnea. Il sequestro è stato eseguito ieri dai Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale (Ros), Sezione Anticrimine di Catania, a cui erano state affidate le indagini sia penali che patrimoniali.

La Procura di Catania – che in questi anni non ha risparmiato nessuno e che, sotto il coordinamento di Giovanni Salvi (recentemente "promosso" a procuratore generale a Roma, ndr), ha portato avanti inchieste di rilievo nazionale – ha esercitato l'azione penale nei confronti dell'editore Ciancio Sanfilippo poiché avrebbe apportato "un contributo causale a cosa nostra catanese" e, proprio per questa ragione, domani si terrà la prima udienza preliminare per stabilire se l'editore dovrà essere sottoposto a processo per concorso esterno in associazione mafiosa. La contestazione della Procura si fonda sulla ricostruzione di una serie di vicende che iniziano negli anni '70 e che si protraggono nel tempo.

"Voleva trasferire i soldi dalla Svizzera all'Italia"

La Procura di Catania non si è fermata qui: ha raccolto le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ha ricostruito gli affari promossi da Ciancio nei quali avrebbe avuto interesse la mafia e ha intercettato presunti fondi detenuti all'estero come depositi bancari in Svizzera, alcuni dei quali sarebbero stati schermati tramite delle fiduciarie di paesi appartenenti ai famigerati "paradisi fiscali". Il "tesoretto" – secondo la Procura – potrebbe ammontare complessivamente a 52.695.031 euro, somme che "non sarebbero state dichiarate in occasione di precedenti scudi fiscali": "l'indicazione da parte dell'indagato della provenienza delle somme, non documentata, ha trovato smentita negli accertamenti condotti" scrive la Procura etnea che, di fatto, non crede all'ipotesi secondo cui queste somme potrebbero essere frutto di un'eredità.

Fondamentale è stato l'apporto, tramite rogatoria e in adesione ai trattati internazionali, della Procura Svizzera di Lugano che ha acquisito documentazione bancaria rilevante. Intanto la richiesta di sequestro urgente è stata presentata dalla Procura distrettuale della Repubblica nel momento in cui i magistrati sarebbero venuti a conoscenza dell'ordine dello stesso Cianco di monetizzare i propri titoli detenuti in Svizzera e, dunque, di trasferire il ricavato in istituti di credito italiani.

Questo il commento di Claudio Fava, vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia:

Se sequestrano 17 milioni di euro a Mario Ciancio, cioè al più potente, riverito e temuto editore del sud Italia […] insomma, se tutto questo è vero (e chi ha il coraggio di dubitarne?) dovremo riscrivere la storia di Catania e probabilmente dell’intera Sicilia. La storia dei silenzi di certa stampa, delle fulgide carriere politiche accompagnate da quella stampa, delle speculazioni edilizie che hanno saccheggiato il territorio. La storia dei troppi consigli comunali compiacenti, dei sindaci corrotti o reticenti, di due generazioni di parlamentari della Repubblica (di maggioranza e d'opposizione) muti, sempre stolidamente, ostinatamente muti. La storia delle impunità criminali e dei poteri paralleli che laggiù hanno governato i destini di uomini e cose, denari e miserie. Per vent’anni il racconto onesto, sereno, mai reticente di tutto ciò è stata virtù di pochi, pochissimi. Adesso, con le carte giudiziarie in mano, forse taluni ritroveranno il coraggio di dire e di chiedere. Troppo comodo, verrebbe da scrivere.

Mario Ciancio e la storia (da riscrivere) della SiciliaSe sequestrano – notizia di un'ora fa – 17 milioni di euro a…

Gepostet von Claudio Fava am Donnerstag, 18. Juni 2015

Il caso Telecolor

Le indagini avrebbero consentito di mettere in luce "una sperequazione non giustificata tra le somme di denaro detenute in Svizzera e i redditi dichiarati ai fini delle imposte sui redditi in un arco temporale ampio". Il Consiglio dell'Ordine dei giornalisti di Sicilia ha annunciato – qualche settimana fa – che potrebbe presentare istanza per costituirsi parte civile nel processo a carico di Marcio Ciancio Sanfilippo. Infine, non si arrestano le polemiche sulle proprietà della famiglia Ciancio: sei giornalisti (Giuseppe La Venia, Alfio Sciacca, Katia Scapellato, Nicola Savoca, Fabio Albanese e Walter Rizzo) hanno depositato un'istanza di fallimento nei confronti della società dopo che – circa 9 anni fa – sono stati licenziati senza "un'adeguata motivazione" dall'emittente televisiva Telecolor. "La famiglia Ciancio ha palesemente dimostrato di essere un cattivo pagatore non rispettando la sentenza della Cassazione che la condanna al pagamento di quanto dovuto per un licenziamento illegittimo che risale a 9 anni fa. Con pervicacia e arroganza la proprietà di Telecolor ha messo in atto una tattica meramente dilatoria rigettando qualunque proposta di transazione" hanno dichiarato i giornalisti.

"Licenziati perché pensavamo con la nostra testa"

C'è il "sospetto che Telecolor possa essere stata progressivamente svuotata di molti cespiti patrimoniali" e, "ritenendo che possano emergere profili penalmente rilevanti nella gestione societaria", i giornalisti hanno annunciato la "presentazione di un esposto alla Procura di Catania affinché valuti il comportamento degli amministratori". "Siamo stati licenziati perché pensavamo con la nostra testa, avevamo una storia e un modo di raccontare che non andava bene. Siamo stati licenziati senza che nessuno abbia detto nulla" aveva dichiarato, tempo fa, Giuseppe La Venia, ex giornalista di Telecolor, poi approdato in Rai. Intanto Telecolor ha licenziato 17 lavoratori.

La replica di Ciancio Sanfilippo

"E' tutto alla luce del sole. I capitali nei conti svizzeri sono stati versati sin dagli anni '60-'70 e sono rimasti per oltre 40 anni praticamente senza movimentazione. Non essendoci alcun mistero, non ho fatto ricorso al segreto bancario" ha dichiarato l'editore. "Le somme sono state oggetto di scudo e di collaborazione volontaria per aderire alla quale sono stati versati all'erario oltre 6,5 milioni di euro. E non solo, nessun mistero c'è stato su questi conti né la benché minima intenzione di trasferire le somme in chissà quale paradiso fiscale […] Alla Procura dimostrerò, davanti a un giudice terzo, qual è la verità dei fatti, sgombrando il campo da suggestioni e talvolta fantasiose ricostruzioni e riappropriandomi pubblicamente dell'onore e della dignità che merito" ha concluso.

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