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“Finanziava latitanza di Messina Denaro”: arrestato Nicastri, il “re” dell’eolico in Sicilia

Vasto blitz dei carabinieri di Trapani su ordine della Dda di Palermo contro boss e gregari delle famiglie di Vita e Salemi: attività illecite e investimenti commerciale per finanziare la latitanza del boss numero uno di Cosa nostra.
A cura di Antonio Palma
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Nuovo colpo ai fiancheggiatori del boss latitante Matteo Messina Denaro, il ricercato numero uno in Italia. Un vasto blitz antimafia da parte delle forze dell'ordine infatti è scattato questa mattina dalle prime luci dell'alba in tutta la Sicilia contro diversi personaggi ritenuti esponenti di alcune cosche mafiose e soprattutto favoreggiatori della latitanza del  capomafia di Castelvetrano. La maxi operazione ha visto impegnati oltre 100 uomini dell'Arma dei carabinieri e ha portato all'arresto di 12 persone che devono rispondere avario titolo dei reati di associazione mafiosa, estorsione, favoreggiamento e fittizia intestazione di beni, tutti aggravati da modalità mafiose.

Per i dodici il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palermo ha firmato altrettante  ordinanze di custodia cautelare in carcere su richiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano. Il blitz di oggi, condotto dai carabinieri del nucleo Investigativo di Trapani, del Ros e della Dia, è l'ennesima costola di un’inchiesta avviata nel 2014 su esponenti delle famiglie di Vita e Salemi, ritenuti favoreggiatori del capomafia latitante ormai da decenni. Le indagini sono state coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Guido e hanno consentito di decapitare i due clan  oltre a individuare gregari ed estorsori delle cosche.

Dall'inchiesta è emerso che oltre alle solite attività criminali i due gruppi mafiosi, servendosi anche di professionisti nel settore di consulenze agricole e immobiliari, avevano reinvestito molti dei proventi delle attività illecite in affari commerciali realizzando anche notevoli guadagni. In particolare, attraverso società riconducibili all’organizzazione mafiosa ma intestate a prestanome, avevano avviato diversi investimenti in colture innovative per la produzione di legname e in attività di ristorazione. Secondo gli inquirenti, proprio parte di quel denaro sarebbe stato utilizzato per finanziare la latitanza di Messina Denaro. Per questo i carabinieri, nel corso della stessa operazione, hanno sequestrato tre complessi aziendali, comprensivi degli immobili e dei macchinari, ritenuti strumento per il business dell'organizzazione criminale.

Tra i fermati nel blitz anche Vito Nicastri, imprenditore trapanese soprannominato il "re dell'eolico" e il "signore del vento", per i tanti investimenti nel settore da Roma in giù. Anche lui è accusato di aver coperto e finanziato la latitanza del boss ricercato. Il suo nome era già comparso nelle inchieste della Dia sui presunti favoreggiatori al padrino di Castelvetrano, indagini che gli son già costati  sequestri per centinaia di milioni di euro. A tirarlo in ballo per la prima volta fu Lorenzo Cimarosa, il cugino di Messina Denaro poi pentito. Secondo lui Nicastri avrebbe consegnato una "borsa piena di soldi" al capomafia  Michele Gucciardi, dopo aver concluso un affare. La valigetta sarebbe poi passata a Cimarosa e da lui al nipote di Messina Denaro, Francesco Guttadauro, oggi al 41 bis. Quello è stato anche l’ultimo segno della presenza concreta di Messina Denaro in Sicilia, poi del boss non si è saputo più nulla .

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