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Mafia, clan litigano tra loro: commerciante costretto a pagare tre volte il pizzo

Il titolare di un bar di Adelfia (Bari), per un diverbio interno al clan Di Cosola, era diventato vittima di una triplice estorsione. Ogni mese dove sborsare 800 euro. Esasperato e vicino al fallimento, ha denunciato tutto ai carabinieri.
A cura di Biagio Chiariello
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Era costretto a pagare ogni mese il pizzo. Non ad un solo, ma a ben tre estorsori. Tutta “colpa” di una lite scoppiata all’interno del clan Di Cosola che ha provocato una spaccatura nella stessa cosca malavitosa. A porre fine all'incubo di un commerciante di Adelfia, titolare di un bar, sono stati i carabinieri di Triggiano, che a seguito di lunghe indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari hanno arrestato sei persone ritenute vicine al clan. Tra loro due donne, moglie e madre di due dei detenuti coinvolti, alle quali sono stati concessi i domiciliari; a loro spettava il compito di riscuotere denaro e di versarlo ai detenuti. I fatti contestati risalgono agli anni 2009-2014.

Le indagini erano cominciate nell’aprile scorso dopo un attentato ai danni di un negozio di Adelfia, già danneggiato qualche mese prima da un incendio. L’esplosione aveva gravemente danneggiato l'ingresso dell’esercizio commerciale e due auto parcheggiate, frantumando i vetri delle case vicine. A quel punto l’esercente, terrorizzato, per evitare altre ritorsioni, comincia a pagare la tangente a tutte e tre le famiglie. Arriva a sborsare 800 euro al mese, fino quando, esasperato e sull'orlo del fallimento, denuncia tutto ai carabinieri. Le indagini hanno permesso di portare alla luce come l’uomo pagasse un pizzo di 500 euro al mese circa cinque anni fa, a favore dei familiari del primo detenuto. Ma dopo le divergenze interne al clan dal 2013, sarebbe arrivato l’ordine di pagare anche i familiari di altri due detenuti. Ora le sei le persone colpite dall'ordinanza di custodia cautelare dovranno rispondere dell’accusa di estorsione con l'aggravante del metodo mafioso.

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