Colpo alla rete di Messina Denaro, 22 fermi: “Il bimbo sciolto nell’acido? Riina fece bene”
Si stringe il cerchio sul capo di Cosa nostra Matteo Messina Denaro. Dall’alba di stamane Polizia, Carabinieri e Direzione investigativa antimafia (Dia) stanno eseguendo un provvedimento di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Palermo nei confronti di ventidue presunti affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna (Trapani). Le accuse nei confronti degli indagati sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni. Tutti reati aggravati dalle modalità mafiose. Da quanto emerso, l’indagine che ha portato al blitz nella provincia siciliana ha consentito di individuare la rete utilizzata dal capo di Cosa nostra per lo smistamento dei “pizzini” con i quali dava le disposizioni agli affiliati. È emersa la conferma di come Cosa nostra eserciti un controllo capillare del territorio e ricorra sistematicamente alle intimidazioni per infiltrare il tessuto economico e sociale.
Le indagini – hanno spiegato quindi gli inquirenti che hanno condotto l’indagine chiamata “Anno zero” – “oltre ad accertare il capillare controllo del territorio esercitato da Cosa nostra e il sistematico ricorso all'intimidazione per infiltrare il tessuto economico locale", hanno “consentito di individuare la rete relazionale funzionale allo smistamento dei pizzini con i quali il latitante impartiva le disposizioni ai suoi sodali”. L'operazione ha confermato il perdurante ruolo apicale di Matteo Messina Denaro della provincia mafiosa di Trapani e quello di reggente del mandamento di Castelvetrano assunto da un cognato, in conseguenza dell'arresto di altri membri della famiglia. Tra le persone fermate stamane ci sarebbero anche due cognati di Matteo Messina Denaro. Si tratta di Gaspare Como e Rosario Allegra, i mariti di Bice e Giovanna Messina Denaro.
Le intercettazioni sulla vicenda del bambino sciolto nell’acido
“Allora ha sciolto a quello nell'acido, non ha fatto bene? Ha fatto bene”. Questa una delle frasi pronunciate da uno dei fermati di oggi che faceva riferimento, non sapendo di essere intercettato, alla vicenda del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, rapito, tenuto sotto sequestro per 779 giorni, ucciso e sciolto nell'acido per indurre il padre a ritrattare. La conversazione risale al 19 novembre del 2017. “Se la stirpe è quella… suo padre perché ha cantato?”, conviene l'interlocutore. La decisione di Riina di eliminare il bambino come giusta ritorsione rispetto al pentimento del padre, colpevole di avere danneggiato Cosa nostra, viene esaltata. “Ha rovinato mezza Palermo quello… allora perfetto”. “Il bambino è giusto che non si tocca – aggiunge l'altro – però aspetta un minuto … perché se no a due giorni lo poteva sciogliere … settecento giorni sono due anni … tu perché non ritrattavi tutte cose? Se tenevi a tuo figlio, allora sei tu che non ci tenevi”. “Giusto! perfetto!…e allora … fuori dai coglioni – continua l’altro – dice: ‘io sono in una zona segreta, sono protetto, non mi possono fare niente'…si a te… però ricordati coglione che una persona la puoi ammazzare una volta, ma la puoi far soffrire un mare di volte”.
“Vedi, una statua gli devono fare… una statua allo zio Ciccio che vale. Padre Pio ci devono mettere allo zio Ciccio e a quello accanto. Quelli sono i Santi”, diceva un altro dei fermati dalla Dda di Palermo che ha messo in cella boss e favoreggiatori di Matteo Messina Denaro. A marzo scorso parlavano, non sapendo di essere intercettati, di Messina Denaro e del padre Francesco, capomafia di Castelvetrano morto nel 1998. Don Ciccio e il figlio vengono accostati dai due interlocutori, uno dei quali cognato del boss ricercato, ai santi e a padre Pio, e vengono idolatratati.