Tanto per essere chiari fin da subito, diciamo che per chi scrive il garantismo non è concetto negoziabile. Così come il rispetto dell'operato della magistratura e il rispetto del ruolo delle forze dell'ordine dovrebbero essere pilastri fondamentali di ogni democrazia. Ed è proprio per questi motivi che non possiamo che dirci "soddisfatti" della decisione della Cassazione, che ha confermato le condanne per 25 tra funzionari e dirigenti della polizia in relazione agli ormai noti "fatti" della scuola Diaz di Genova. Perché è una sentenza che ristabilisce la "verità", restituisce la dignità alle vittime di una insensata mattanza e conferma le responsabilità profonde della catena di comando. In tal senso è una sentenza che non lascia spazio a fraintendimenti, è una sentenza "nitida" che non può essere né interpretata né piegata a logiche di alcun tipo. E non c'entra nulla la prescrizione per gli agenti, che anzi dovrebbe far riflettere ancora una volta sul "senso" di un processo che dura 11 anni, sui tempi biblici della giustizia, su quanto sia difficile l'accertamento delle responsabilità.
Responsabilità gravi ed acclarate, però, come sottolineano anche le motivazioni della sentenza di appello, che ci sembra giusto riportare in alcuni passaggi cruciali (fonte: il fattoquotidiano.it):
L’origine di tutta la vicenda è individuabile nell’esplicita richiesta da parte del capo della Polizia (De Gennaro, poi assolto in Cassazione ndr) di riscattare l’immagine del corpo e di procedere a tal fine ad arresti, richiesta concretamente rafforzata dall’invio da Roma a Genova di alte personalità di sua fiducia ai vertici della Polizia che di fatto hanno scalzato i funzionari genovesi dalla gestione dell’ordine pubblico. Certo tale pressione psicologica non giustifica in nulla la commissione dei reati né l’eventuale malinteso spirito di corpo che ha caratterizzato anche successivamente la scarsa collaborazione con l’ufficio di Procura (riconosciuta anche dal Tribunale). […] Costoro (Luperi e Gratteri, due dirigenti condannati, ndr), preso atto del fallimentare esito della perquisizione, si sono attivamente adoperati per nascondere la vergognosa condotta dei poliziotti violenti concorrendo a predisporre una serie di false rappresentazioni della realtà a costo di arrestare e accusare ingiustamente i presenti nella scuola. […] Palese mancanza dei presupposti per operare un arresto in flagranza di tutti gli occupanti dell’istituto, non essendo, fra l’altro, soggettivamente riferibili i reati ipotizzati di resistenza aggravata, lesioni a pubblico ufficiale, tentato omicidio e associazione per delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio.[….]
Secondo la Corte, non è possibile descrivere i fatti in esame come la somma di singoli episodi delittuosi occasionalmente compiuti dagli operatori indipendentemente l’uno dall’altro in preda allo sfogo di bassi istinti incontrollati; al contrario, trattasi di condotta concorsuale dai singoli agenti tenuta nella consapevolezza che altrettanto avrebbero fatto e stavano facendo i colleghi, coerente con le motivazioni ricevute dai superiori gerarchici e con l’esplicito incarico di usare la forza per compiere lo sfondamento e l’irruzione finalizzati all’arresto di pericolosi soggetti violenti, senza alcuna preventiva o successiva forma di controllo sull’uso di tale forza. La responsabilità di tale condotta e, quindi, delle lesioni inferte, è pertanto ravvisabile in capo ai dirigenti che organizzarono l’operazione e che la condussero sul campo con le modalità e le finalità sopra descritte
Ma è una sentenza che in qualche modo appartiene ad ogni cittadino. Anche ai tantissimi poliziotti che ogni giorno mettono la loro vita al servizio di ognuno di noi. Così come appartengono ad ogni cittadino quei diritti fondamentali "violati dalla barbarie, dall'arroganza e dalla prepotenza" in una notte di 11 anni fa. Non è cosa da poco. Tutt'altro. Perché non ci interessano le vittime sacrificali, non ci interessa un giustizialismo cieco ed insensato, non ci interessa segnare una distanza fra "l'ordine" e la protesta. Ci interessa ristabilire un principio: nessuno tocchi i diritti fondamentali degli individui. E nessuno provi a cancellare il ricordo di una pagina vergognosa della nostra storia recente.