Luppino “custode dei segreti di Messina Denaro”: quei “pizzini” che potrebbero aprire a nuovi scenari
Giovanni Luppino custode dei segreti di Matteo Messina Denaro. È questo uno dei passaggi fondamentali nelle motivazioni che hanno spinto il giudice per le indagini preliminari Fabio Pilato a confermare la misura cautelare in carcere per il commerciante di olive di Castelvetrano e autista di Matteo Messina Denaro, arrestato insieme al super latitante lunedì mattina a Palermo.
Secondo il gip l'uomo, accusato di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati dal metodo mafioso, potrebbe senz'altro liberarsi delle prove di cui è in possesso qualora fosse rimesso in libertà. Nel suo appartamento i carabinieri del Ros hanno rinvenuto “un coltello a serramanico della lunghezza di 18,5 centimetri, due cellulari posti in modalità aereo prima di essere spenti, oltre ad una lunghissima serie di biglietti e fogli manoscritti con numeri di telefono, nominativi e appunti di vario genere, dal contenuto oscuro e di estremo interesse investigativo”.
Si tratta di oggetti che saranno messi sotto la lente d'ingrandimento degli inquirenti che sperano di trovare elementi utili a ricostruire la rete di contatti del boss. In particolare, secondo il gip, “è necessario un approfondimento investigativo sul rinvenimento dei numerosi pizzini dal contenuto opaco, che potrebbero schiudere lo sguardo a nuovi scenari”. Ad oggi infatti Luppino, nonostante sia incensurato, “risulta la persona più vicina allo storico capo della mafia trapanese su cui forze di polizia giudiziaria e magistratura siano riusciti ad oggi a mettere le mani”.
Per il giudice Pilato si tratta “di un soggetto a stretto contatto con il noto latitante può senz'altro presumersi che egli sia custode di segreti e prove che farebbe certamente sparire se lasciato libero”. Tanto che, tra i numerosi fiancheggiatori del boss di Cosa nostra che nel tempo sono stati individuati e arrestati, lui è stato “capace di mantenere fino ad oggi l’anonimato e il suo stesso stato di latitanza”.
Dunque nonostante la sua versione dei fatti, ribadita durante l'interrogatorio in carcere e confermata anche a Fanpage.it dal suo avvocato, per i pm Giovanni Luppino era perfettamente a conoscenza di chi fosse colui che si celava dietro l’identità di "Andrea Bonafede".