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Guerra in Ucraina

L’Unhcr dice che in Italia arriveranno centinaia di migliaia di profughi: “Dobbiamo essere pronti”

Chiara Cardoletti, rappresentante dell’Unhcr per l’Italia, spiega ai microfoni di Fanpage.it che la crisi umanitaria in Ucraina si fa sempre più grave e chiede all’Ue uno sforzo maggiore.
A cura di Giacomo Andreoli
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«In Italia arriveranno centinaia di migliaia di profughi dall'Ucraina e più la guerra avanza più i numeri saliranno. Per questo bisogna prepararsi e serve anche un piano coordinato a livello europeo». Chiara Cardoletti è rappresentante per l'Italia, il Vaticano e San Marino dell'Unhcr, l'Agenzia Onu per i rifugiati. È stata nominata nel giugno 2020 ed ora segue da vicino la crisi umanitaria in atto nell'est europeo.

Quante persone stanno fuggendo dall'Ucraina?

Ci sono un milione di persone già fuori dall'Ucraina, un altro milione stimato di mobilitati dentro i confini. La previsione dei profughi che valicheranno le frontiere negli ultimi giorni è stata di quattro milioni, però vista la rapidità dell'evoluzione delle cose, sicuramente il numero si alzerà, forse anche in maniera importante. La quantità di persone cresce perché l'intervento militare si sta svolgendo senza tenere in considerazione la protezione dei civili, di conseguenza la popolazione non ha grandi alternative che impacchettare quello che ha e spostarsi. Quelli che potevano muoversi si sono mossi, ora dobbiamo vedere un attimo cosa succederà con gli altri, se decideranno di lasciare o meno l'Ucraina.

Quante persone potrebbero arrivare in Italia? Siamo pronti ad accoglierli?

Sicuramente ci sono già dei movimenti e i comuni si stanno attivando per avere un piano di risposta. Il grande lavoro fatto dalla città di Roma e Milano, ad esempio, dimostra che possiamo far tanto. So anche che il ministero dell'Interno ha messo a disposizione dei posti di accoglienza aggiuntivi per assicurare che le famiglie possano essere accolte. Parliamo comunque di qualche centinaio di migliaia di persone e più andrà avanti il conflitto, più il numero salirà.

Il governo ucraino parla di 2mila civili morti. La stima è attendibile?

Direi che è al ribasso, in quanto è molto difficile in questo momento capire quante sono le vittime, quanti sono gli sfollati. L'intervento militare limita i monitoraggi, anche i nostri colleghi che sono sul territorio lavorano a intermittenza. Le ostilità non permettono la sicurezza del personale umanitario.

E se voi non potete lavorare non si possono distribuire nemmeno i beni di prima necessità.

Esatto. Anche per questo gli ucraini si spostano: non possono stare lì senz'acqua e altri aiuti umanitari per poter sopravvivere. I nostri colleghi sono in una situazione molto difficile: eravamo riusciti a fare una grande distribuzione di cibo e beni di necessità due giorni fa, poi ci siamo dovuti rimettere nei bunker. In generale, nel territorio ucraino, stiamo cercando di spostarci lì dove il conflitto imperversa di meno e si può aiutare davvero la gente. Poi siamo presenti anche nei Paesi limitrofi e confinanti, come la Moldavia.

Cosa può fare attivamente un cittadino italiano per aiutare gli ucraini?

Abbiamo lanciato una raccolta fondi. Basta andare sul nostro sito, è facile e si fa tanto. Molti stanno dando quello che hanno, ma mobilitare in maniera massiccia beni non sempre facilmente gestibili rende molto complicata la logistica. Donare del denaro è il modo più efficiente per aiutare gli ucraini. Con questi soldi distribuiamo tende, coperte termiche, kit per bambini, cibo: tutto ciò che serve per una famiglia che si trova all'aperto in un contesto di guerra in un momento di sfollamento.

Una raccolta a cui tra l'altro stanno partecipando tante aziende: Amplifon ha donato 1 milione, Maison Valentino 500mila euro.

La risposta al nostro appello per l'Ucraina è senza precedenti: non abbiamo mai visto una solidarietà così importante per un'emergenza. L'Italia è un paese estremamente generoso, ma la risposta ai nostri appelli arriva da tutta Europa. Forse è perché il Paese si trova nel Continente e tutti si rendono conto che è una guerra totalmente ingiusta. Siamo molto grati a tutti i nostri donatori e speriamo che in un'emergenza così grande si possa far fronte alle necessità. Purtroppo la necessità non finirà domani, anzi. Quindi più riusciamo a raccogliere per poter continuare nel lungo periodo e meglio è.

A livello politico, invece, è arrivata l'intesa per applicare la direttiva europea per la protezione immediata a chi scappa dall'Ucraina. I Paesi di Visegrad, però, avevano espresso dubbi sul fatto che si garantisce l'ingresso in Ue anche ai non ucraini.

Non conosco i dettagli, ma la mia paura che è la maggior parte dello sforzo di accoglienza rimanga in capo ai Paesi limitrofi. Per questo nazioni come la Polonia, che sta avendo un flusso ingente di profughi, a prescindere dalla discriminazione dei non ucraini non vogliono bloccarsi in una situazione in cui le responsabilità non vengono condivise.

Quindi la direttiva da sola non è una soluzione?

Se applicata in maniera equa è assolutamente una soluzione e siamo felici di questo passo avanti. Il punto è che non bisogna mettere in difficoltà Paesi confinanti che stanno facendo tanto per ricevere i cittadini ucraini. Quindi direi che in questo senso la preoccupazione è giustificata. Con milioni di persone in arrivo va bene la direttiva, ma deve essere accompagnata da un piano di equa distribuzione dei migranti.

Tornando però sulla discriminazione dei non ucraini, abbiamo visto alcuni respingimenti al confine con la Polonia di persone dalla pelle scura. Anche a livello mediatico si sottolinea spesso che gli ucraini sono diversi in quanto "bianchi e cristiani". Non crede che sia una retorica pericolosa?

L'accesso alla protezione e all'asilo non può essere discriminatoria. Chiunque è in Ucraina ha gli stessi problemi e tutti quelli che scappano devono essere aiutati. Dire il contrario è assolutamente sbagliato.

C'è anche un altro fenomeno che alcuni osservatori trovano preoccupante e iniziano a chiamare "russofobia". Vengono cancellate mostre con fotografi russi, licenziati direttori d'orchestra di Mosca e dintorni, esclusi i cantanti russi dalle competizioni internazionali ecc..

Non so se c'è davvero questo fenomeno, ma in caso aggiungerebbe problemi a problemi. Le reazioni personali sono personali, ma non si può fare di tutta l'erba un fascio. Ognuno di noi deve potersi esprimere nel modo che ritiene più opportuno, ma la responsabilità di ciò che ha deciso di fare il governo russo non può ricadere su tutti i cittadini russi. Molti, tra l'altro, si stanno ribellando a Putin.

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