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Omicidio di Nada Cella

L’ultima svolta nel caso Nada Cella: trovata una scatola di reperti raccolti sulla scena del crimine

Una scatola di reperti è stata trovata a Roma 27 anni dopo l’omicidio a Chiavari di Nada Cella: gli oggetti provenienti dalla scena del delitto ora verranno analizzati. Potrebbero finalmente dare un nome a chi ha ucciso la segretaria.
A cura di Susanna Picone
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Nuovi aggiornamenti sul caso dell’omicidio di Nada Cella, la segretaria uccisa il 6 maggio 1996 a Chiavari nello studio del commercialista Marco Soracco dove lavorava.

Una scatola di reperti raccolti sulla scena del crimine dell'omicidio è stata rinvenuta dagli investigatori nell'archivio dell'Udi, l'Unità per i delitti irrisolti di Roma. A quanto si apprende, i reperti erano conservati nella struttura, nata nel 2009, che rappresenta l'organismo di riferimento per gli uffici investigativi della polizia nel settore delle indagini sui delitti irrisolti.

Sarebbe stato questo ritrovamento che nelle scorse settimane ha spinto la Procura di Genova a chiedere ulteriori sei mesi di proroga delle indagini per tentare di risolvere il giallo. I reperti recuperati sono stati adesso consegnati al genetista Emiliano Giardina: le nuove analisi potrebbero rappresentare l’ultima spiaggia per risolvere il cold case dato che con tutto ciò che è stato fatto finora non è stato possibile dare un nome a chi ha ucciso Nada Cella.

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In base alla perizia, infatti, i profili biologici sarebbero riconducibili a un dna femminile ma i reperti si sono rivelati insufficienti a indicare se quel dna appartenga o meno ad Annalucia Cecere, l’ex insegnante la cui posizione venne archiviata all’epoca dei fatti, poi nuovamente indagata nel 2021 per omicidio volontario aggravato.

Cecere era già stata indagata subito dopo il delitto di Nada Cella: in casa sua erano stati trovati cinque bottoni simili a quello trovato sotto il corpo della segretaria. Una testimone inoltre l'aveva vista andare via con il suo motorino la mattina del delitto dalla strada dell'ufficio di Soracco.

Dopo la riapertura del caso il sostituto procuratore Gabriella Dotto, insieme agli investigatori della squadra mobile, ha interrogato diverse persone che potevano sapere e riascoltato vecchie registrazioni. Oltre all’insegnante, con la riapertura del caso, erano stati indagati anche Soracco e sua madre per false dichiarazioni al pubblico ministero.

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