L’ultima confessione in tv di Michele Misseri: “Ho provato a violentare Sarah ma non ci sono riuscito”
“Sono io l’assassino di Sarah. Non mi credono perché mi hanno fatto cambiare le versioni, non le ho cambiate io, me le hanno fatte cambiare”. Torna a parlare Michele Misseri, il contadino di Avetrana condannato per concorso in soppressione di cadavere per il delitto della nipote Sarah Scazzi ma da mesi ormai un uomo libero, avendo finito di scontare la sua pena.
Torna a parlare – questa volta lo fa con Le Iene in una intervista che andrà in onda domenica – dalla sua casa di Avetrana, dove nel 2010 è stata uccisa Sarah e dove lui è tornato a vivere dopo il carcere. In quella casa Misseri vive ormai da solo: la moglie Cosima Serrano e la figlia Sabrina Misseri sono in carcere, condannate in via definitiva per l’omicidio di Sarah Scazzi. Sono state loro, secondo la giustizia, ad aver ucciso Sarah e non Michele Misseri.
Nell’ultima intervista Misseri non solo ribadisce invece di essere il responsabile dell’omicidio, ma sostiene anche di aver provato ad abusare del corpo senza vita della nipote. Con Le Iene Misseri ricostruisce la vicenda, ma racconta anche di presunti abusi subiti da bambino: “Quando avevo sei anni mio padre mi portò in una masseria a fare il pastorello. Lì mi hanno violentato. Non l’ho mai detto a nessuno. E se l’avessi fatto sarebbe stato peggio. Erano due, padre e figlio, e io avevo circa sei anni. Mio padre non mi ha mai difeso perché io non potevo parlare, ma aveva capito qualcosa. Neanche mia moglie e le mie figlie lo sapevano”.
Riguardo l’omicidio Scazzi, parla di un movente sessuale e accenna anche alla figlia Valentina, che in una intervista ha detto di considerarlo colpevole. Per lei – dice Misseri – “sono un assassino e anche un pedofilo”.
Nella confessione resa all’epoca dei fatti, Michele Misseri aveva dichiarato di aver abusato di Sarah prima di ucciderla ma poi aveva ritrattato. Ora ammette l’omicidio, continuando a negare gli abusi in un primo momento. Poi davanti all’inviato mima tutto quello che avrebbe fatto il giorno della scomparsa di Sarah Scazzi: racconta come avrebbe posteggiato l’auto, come avrebbe tirato fuori il cadavere dal bagagliaio, come lo ha occultato.
Parla anche dei vestiti di Sarah, prima tolti, poi rimessi, infine bruciati insieme al cellulare della ragazzina poi salvato dalle fiamme.
Il racconto prosegue anche nel garage della villetta di Avetrana: dice che quel 26 agosto 2010 il trattore non partiva, lui aveva mal di testa. Che la nipote era scesa lì da lui e che era vestita diversa da come l’aveva sempre vista. “Ho allungato la mano e l’ho presa dalle spalle, mi ha dato un calcio da dietro e mi è salito un calore. Forse voleva scappare e io ho preso la corda…”.
E ancora, racconta: “Volevo violentare Sarah ma non sono riuscito. Avevo allungato le mani qui nel garage, volevo continuare ma poi non l’ho più fatto. Sotto il fico l’ho spogliata ma poi non l’ho fatto più e l’ho rivestita”.