Luigi Lineri il custode silenzioso del fiume Adige: raccolte migliaia di pietre dal 1964
La casa di Luigi Lineri, a Zevio alle porte di Verona, è un santuario. Altro modo non c'è per definire la collezione artistica di pietre, raccolte nel greto del fiume Adige a partire dal 1964. Prima calzolaio, poi infermiere, e infine, artista, scultore, raccoglitore di memorie antiche. Le più belle, le più espressive, quelle in grado di ricollegarlo e ricollegarci a una storia antica, passata.
Le pietre che sono sopravvissute all'escavazione della ghiaia lungo il corso dell'Adige, quelle che non "sono state frantumante", quelle rimaste al di qua delle innumerevoli dighe e canalizzazioni che il fiume Adige. "Ho iniziato a raccogliere pietre nel 1964", ci racconta Luigi Lineri classe 1937.
Un antropologo delle forme scolpite su pietre: un uomo che scruta il caos prodotto negli anni sulla natura e prova a mettere ordine. "Il passaggio fondamentale durante le mie raccolte sono state le dighe", ci spiega, "allora io cercavo di anticipare queste costruzioni per continuare a trovare e ritrovare le forme ridondanti nei sassi che raccoglievo".
Luigi Lineri ha fatto sue le sofferenze del fiume. "Con l'escavazione della ghiaia l'hanno frantumato il fiume ed io ci stavo male, stavo male in quel periodo lì. L'hanno scavato fino al 2000, figuriamoci i danni".
Ma nella sua mastodontica fatica, nella sua epocale impresa di "impaginare", come suggerisce Luigi Lineiri, i sassi all'interno di forme ricorrenti, "pecora, maiale, bovino, volto umano, donna incinta, pesce", c'è questa eternità dell'uomo e della natura che si incontrano per rendersi l'uno custode dell'altro.
Luigi ricorda con commozione il giorno preciso in cui dopo una piena, era sceso verso il fiume per la consueta raccolta. "C'erano plastiche ovunque, cartacce fino alle fronde degli alberi, una desolazione totale, una puzza irrespirabile e poi, tra l'acqua e la ghiaia, una lingua di sabbia dove vidi delle impronte grandiose, l'airone era tornato. Ah! Corsi a dirlo a tutti". Passeggiare tra le pile di sassi accatastati a casa sua è come passeggiare tra le memorie più profonde del fiume Adige.